Una mattanza. Peraltro preannunciata. E’ questo quanto accaduto, nel cuore della notte, nell’appartamento al piano terra di via San Vito, al civico 22, a Pordenone. Lì dentro, un uomo marocchino incensurato, Abdelhadi Lahmar, ha ammazzato la moglie, Touria Errebaibi, e la figlia Hiba, con le quali viveva nello stabile dal 2012, a colpi di accetta e coltello. Poi ha chiamato il 118 chiedendo aiuto. Sul posto sono giunti i poliziotti della Volante, seguiti da quelli della Mobile, coordinati da Massimo Olivotto, e dalla Scientifica, il pm Federico Facchin e il medico legale Lucio Bomben. Agli agenti, il marocchino ha detto solo “E’ successo qualcosa”. Quel “qualcosa” però ha barbaramente strappato le vite della moglie, una donna marocchina di 30 anni, e della figlia di 6 anni. L’uomo, secondo la ricostruzione della Polizia, prima ha colpito la moglie, in camera da letto, fracassandole la testa con un’accetta, quindi si è diretto nella cameretta della bambina, colta nel sonno, sgozzandola con un grosso coltello da cucina, tanto quasi da decapitarla. Il reparto notte del piccolo appartamento – composto da una cucina, due camere e un bagno, era pieno di sangue – così come i vestiti dell’uomo che ha atteso sulla porta di casa l’arrivo delle forze dell’ordine, alle quali è apparso parecchio scosso. La Polizia, fatti i rilievi, ha apposto i sigilli all’appartamento, fuori dal quale è stato deposto da alcuni vicini un mazzo di fiori.
Il gesto, tuttavia, non è il risultato di un raptus. L’uomo, tornato il 9 aprile in Italia dopo alcuni mesi passati in Marocco, aveva promesso alla moglie che sarebbe rientrato per ucciderla. “Torno, ti ammazzo e poi vado a mangiare gratis”, riferiscono alcune vicine di casa, anch’esse straniere, che dicono anche come la donna avesse registrato una telefonata dal tono minaccioso del marito. E aggiungono: “Lui non lavorava, se non saltuariamente, e chiedeva continuamente soldi alla moglie, cameriera al ristorante ‘Al Gallo’ di Pordenone, che per un periodo li ha mandati in Marocco, ma adesso aveva deciso di dire basta”. Secondo alcune voci, la donna stava meditando il divorzio e aveva in mente di contattare un avvocato e sentire il Consolato marocchino a Bologna per avviare le pratiche per il divorzio. I continui contrasti, che i vicini ammettono essere stati pesanti nel corso dell’ultima settimana, erano noti anche ai Carabinieri, ai quali la donna spesso si era rivolta in seguito a minacce e botte subite dal marito. Soprattutto perché temeva che l’uomo fuggisse in Marocco con la figlia. Lunedì i carabinieri hanno convocato l’uomo, che si era detto amorevole con madre e figlia, e l’avevano intimato di tenere un comportamento corretto. Touria, inoltre, si era rivolta all’associazione ‘Voce Donna’ per chiedere un aiuto.
Imane, la migliore amica della vittima e colei che si occupava della bambina quando non c’era la madre, è sconvolta. “Una bimba bellissima – dice – così come la madre. Non posso credere a quello che è accaduto. Per lei sua figlia era tutto: quando la piccola era felice, per lei era il massimo”. La figlia Hiba, che frequentava la prima elementare alla Padre Marco d’Aviano di Pordenone, proprio martedì era stata a una gita scolastica a Fontanafredda. Al rientro, non avendo trovato i genitori ad attenderla, era scoppiata a piangere. “L’ho consolata e ho fatto con lei un disegno – racconta in lacrime Veronica, la rappresentante di classe -. Sembrava preoccupata per la non presenza della madre, come se temesse gli fosse successo qualcosa. Poi ha chiesto del padre e, saputo che era a casa, si era preoccupata dicendo che i genitori litigavano sempre”.
Sconvolte anche le maestre della scuola, nel ricordo della bambina che solo il giorno prima era in classe con loro e i compagni, ai quali per ora non è stata data la notizia del tragico fatto.