Siamo abituati a considerare economia e finanza come attività asettiche, distanti, con regole rigide e difficili da comprendere. Come la matematica, insomma, la materia più ostica per la maggior parte degli studenti.
Ma quando si considera che economia e finanza hanno ricadute tangibili nella nostra vita di tutti i giorni, la faccenda cambia. La questione del crac delle banche venete non è solo un ‘giochetto’ ai piani alti dei palazzi, una forzatura, ma è un problema finanziario, politico e legale che ha condizionato, anche molto pesantemente, la vita di chi ha investito i propri soldi in quegli istituti di credito.
Quando la banca è stalker
Come Barbara Venuti, che è accanto ai genitori, risparmiatori delle banche venete, e segue molte udienze del processo in corso a Mestre. “I miei genitori, già dagli Anni Novanta, erano clienti della Banca Popolare udinese, poi acquisita dalla Popolare di Vicenza – racconta -. Nel tempo hanno investito circa 150.000 euro. Gli ultimi 20.000 li abbiamo dati nel 2013, quando c’è stato l’ennesimo aumento di capitale. Quello che allora era il direttore della filiale ha letteralmente ‘perseguitato’ mia madre con telefonate e richieste di incontri proprio per proporci la sottoscrizione, finché ci hanno convinto. È stata una delusione immensa vedere come sono andate le cose, sentirsi traditi, aver perso i risparmi di una vita. Quella l’abbiamo sempre considerata la ‘nostra’ banca, e ci tenevamo a costruire il credito per il territorio. Al processo, ascoltare certi testimoni oggi fa letteralmente accapponare la pelle. I sentimenti sono esasperati. Io personalmente e quando ne ho avuto l’occasione non sono stata zitta, ho cercato di dire in faccia ai responsabili ciò che pensavo di loro e del loro comportamento. Purtroppo sono sfoghi che lasciano il tempo che trovano e adesso spero nella giustizia”.
Fiducia mal riposta
A sentirsi tradito è anche il signor Ernesto Sabbadini di Palmanova. “Disponevo di un capitale cospicuo, derivante dall’eredità di un mio zio – ricorda -. Dal 1984 ero cliente della Popolare udinese e, dagli Anni Novanta al 2016 sono sempre stato seguito dallo stesso promotore finanziario. Una persona di cui mi fidavo. Siamo andati anche in vacanza insieme, gli avrei affidato le chiavi di casa senza esitazioni. Sono sempre stato un investitore prudente: il mio capitale era investito in Btp e obbligazioni. Nel 2014 questo promotore, paventando la scarsa sicurezza dei titoli di Stato, mi propose di disinvestire il denaro del Btp e di investirlo nella azioni della Popolare di Vicenza. Purtroppo gli ho dato retta. Dopo il crac questa persona che, ripeto, consideravo un amico, non si è mai fatta sentire. Al processo mi sono costituito pare civile, come migliaia di altri risparmiatori traditi. Il Fondo di indennizzo per me è un buon punto di partenza, ma mi permetterà di recuperare al massimo il 10% del mio capitale. Fortunatamente non ho mai disinvestito il resto del mio patrimonio che avevo in obbligazioni”.
Capitale congelato
Chi ha perso quasi tutto è Leonardo Avanzi, anche lui cliente della Popolare di Vicenza da molti anni, che ha sottoscritto con la banca la cosiddetta ‘baciata’.
“In pratica mi era stato proposto di comprare un pacchetto di azioni. Non disponendo di denaro liquido, la banca mi ha offerto un finanziamento al 3% per l’acquisto, promettendo che avrebbe ricomprato i titoli entro tre anni. Quando la situazione è precipitata ho aperto un conto corrente in Banca Intesa dove ho depositato i soldi che non avevo vincolato. Adesso la mia ‘baciata’ è in mano a Banca Intesa, che ha rilevato la Popolare di Vicenza a un prezzo simbolico, e i soldi che avrei dovuto ‘mettere in salvo’ servono a pagare il mio debito, poiché il mio finanziamento oggi ha un tasso del 9,5%, il capitale è praticamente bloccato e le azioni della Bpv valgono zero”.
Futuro a tinte fosche
La situazione di Avanzi e della sua famiglia ha una difficoltà in più. “Vuole sapere perché, nel 2007, abbiamo deciso di avviare un piano di investimenti? Io e mia mogli abbiamo 3 figli, dei quali uno invalido al 100 per cento. Pensavamo al loro futuro. Non volevamo che ‘dopo di noi’ avessero problemi economici, anche tenendo conto della gestione di mio figli disabile. Invece adesso ci troviamo proprio dove non avremmo mai voluto”. Ha ancora fiducia nel sistema bancario? “Purtroppo, nella mia situazione, sono praticamente in ostaggio, ma davvero non saprei più a chi affidare i miei soldi”.