Se non ci fosse stato quell’imprevisto, nessuno se ne sarebbe accorto e in Friuli ci saremmo trovati un potenziale ponte Morandi 2 a rischio di crollo. La struttura incriminata è ancora in fase di realizzazione: di tra del nuovo ponte sul Torre della strada ex provinciale 50 Palmanova-Manzano, in comune di Chiopris Viscone. L’intervento di inserisce nella riqualificazione del collegamento tra il casello autostradale di Palmanova e il distretto della sedia, affidato all’autorità commissariale per l’emergenza dell’A4.
Il nuovo ponte ha una struttura reticolare in acciaio composta da travi e tubi e la soletta in cemento armato. L’opera decisamente gradevole sotto l’aspetto estetico, nascondeva però un’insidia.
La storia di questo ponte inizia il 23 marzo 2017 e l’ultimazione dei lavori sembrava una realtà solo pochi mesi fa, oggi invece non è possibile indicare una data per la sua apertura al traffico. Sono costanti le segnalazioni dei lettori in redazione che si lamentano per il fermo dei lavori e si chiedono quando questa opera avrà fine.
Un prima lunga sospensione dei lavori si era verificata per il fallimento della società vicentina Omba, che in Associazione temporanea di imprese (Ati) con la Icop di Basiliano si era aggiudicata i lavori. In quel periodo (dicembre 2017) il ponte era stato realizzato al 25% e solo quattro delle quindici campate erano state montate. Icop era quindi subentrata, con il benestare dalla procedura concorsuale, e aveva rilevato da Omba tutto il materiale – lamiere, tubi e bulloni – già approvvigionato per la realizzazione del ponte in acciaio. A maggio 2018 erano riprese le attività di cantiere con un programma lavori che prevedeva l’ultimazione delle opere entro giugno di quest’anno. Ma una nuova ‘tegola’ incombeva su questa tormentata vicenda.
“Pochi giorni prima di Natale 2018 – racconta Vittorio Petrucco, titolare assieme al fratello Piero della Icop – quando era stato da poco terminato il varo del ponte e gettata metà della soletta, improvvisamente si è verificata la rottura fragile di uno dei 1.066 tubi metallici della struttura reticolare. All’inizio avevamo ipotizzato un fatto isolato, un danneggiamento dovuto a una qualche manovra sbagliata o all’urto di un macchinario; solo in secondo tempo, su sollecitazione del progettista, abbiamo pensato a possibili anomalie del materiale impiegato per la costruzione del ponte… che sembravano spiegare meglio il tipo di ‘rottura fragile’ che si era verificata”.
Il tubo rotto è stato rimosso e inviato all’Istituto Italiano Saldatura (Iis) di Genova per essere analizzato. Questo istituto è la massima autorità italiana per questo tipo di valutazioni e la sua sentenza è stata chiara e netta: il tubo non aveva valori di resilienza compatibili con il suo utilizzo nella costruzione di un ponte. La presenza di un elemento difettoso era una ‘non conformità’ importante ma risolvibile con la sua sostituzione. Il problema sembrava risolto: in fondo si trattava di un tubo difettoso su più di mille…
Poi, però, è sorto un dubbio terribile: e se ci fossero altri tubi con lo questo tipo di difetto? Come escludere al 100% una tale possibilità?
“L’unico modo – continua Petrucco – era la verifica sistematica di tutti i tubi, individuandone la natura chimica, la durezza, i valori di resistenza fino a ricostruire una mappatura completa dei materiali utilizzati. Oggi stiamo completando questo lavoro e purtroppo abbiamo già individuato un numero significativo di tubi che andranno sostituiti. Confidiamo di completare le verifiche entro fine settembre.
Una volta che il quadro sarà chiaro, dovremo definire le procedure per la sostituzione dei tubi difettosi e dar corso agli interventi di ripristino delle condizioni di collaudabilità della struttura. I tempi di lavoro non saranno brevi considerato che si dovrà intervenire su un elemento per campata alla volta. E anche il costo degli interventi sarà molto rilevante, nell’ordine di qualche milione di euro.
Il solo aspetto positivo di questa brutta vicenda è aver individuato il problema prima di aprire il ponte al traffico, scongiurando così un potenziale pericolo di crollo di una struttura appena costruita”.