L’uccisione dell’alto ufficiale iraniano, colpito a Bagdad da un missile lanciato da un drone statunitense, sta creando non poche preoccupazioni anche in Italia, visto che migliaia di militari del nostro Paese sono sparpagliati nel Medio oriente e in altri teatri, tutt’altro che sicuri ma quantomeno non a rischio di coinvolgimento diretto in un conflitto. Anche se le ultime dichiarazioni del presidente statunitense sono apparse più concilianti del previsto dopo la rappresaglia scatenata dagli iraniani, il timore è che la situazione precipiti e che anche i nostri soldati finiscano nl mirino non tanto delle ritorsioni iraniane, già partite e dedicate prevalentemente a bersagli Usa, quanto della miriade di gruppi terroristi pronti a colpire i militari occidentali, indipendentemente dalla loro nazionalità o dal tipo di missione che svolgono.
Secondo i dati forniti dal Ministero della Difesa, attualmente si trovano all’estero 5.560 militari italiani, sparpagliati in 34 diverse missioni in corso in 25 Paesi. Afghanistan, Iraq, Libia e Somalia sono i Paesi potenzialmente più a rischio, nei quali operano 2.171 soldati, mentre il Libano, dove pure sono al lavoro 1.250 militari, sembra per il momento essere al riparo dai venti di guerra che soffiano impetuosi sul Golfo Persico. Per quanto concerne l’Iraq, impieghiamo attualmente all’incirca 960 militari.
La maggior parte opera nel Curdistan iracheno, ad Arbil e Sulaymaniyya dove nell’ambito dell’operazione ‘Prima Parthica’, lanciata nell’ambito della missione Inherent resolve (azione di contrasto all’Isis) presta non solo supporto logistico alle altre forze della coalizione e svolge compiti di ricognizione e sorveglianza aerea, ma addestra con i propri specialisti le forze di sicurezza curde e irachene. Inutile dire che molti di questi militari provengono dalla nostra regione, non solo perché appartenenti a reparti direttamente mandati in missione, ma pure in quanto molti appartengono a una sorta di elenco di nominativi che ha fornito la propria disponibilità alle missioni all’estero.
E’ il caso, per esempio, del maggiore udinese degli alpini Igor Piani, attualmente alla guida dell’ufficio della Pubblica informazione della missione Leonte XXVII, nell’ambito della missione Unifil nel Sud del Libano, dove è schierata la brigata Granatieri di Sardegna, senza ovviamente dimenticare gli elicotteristi della task force Italair che con i propri mezzi sono presenti sempre nel sud del Libano da 40 anni. Paradossalmente, sebbene la prudenza sia d’obbligo, i militari italiani che operano nel Kurdistan iracheno possono godere di livelli di sicurezza molto elevati, come ci ha confermato un militare che ha prestato servizio nell’area, perché il controllo del territorio da parte dei curdi è incredibilmente stringente e qualsiasi movimento sospetto viene subito verificato.
Anche per questo motivo le notizie che parlavano di un attacco con missili da parte iraniana contro Arbil avrebbero richiesto da parte dei giornalisti che le hanno pubblicate maggiore attenzione. L’attacco ha infatti riguardato una base aerea Usa posta oltre 200 chilometri a Sud e non più in territorio controllato dai curdi. Sempre in Iraq è presente a Bagdad un’aliquota del 7° reggimento Genio trasmissioni di stanza a Sacile.
In Afghanistan, nella regione di Herat, è invece al lavoro la brigata corazzata Ariete, che ha da poco dato il cambio alla brigata Pozzuolo del Friuli.