“Le Osoppo erano innocenti. Lo attesta, chiaramente, un documento già circolante al termine della guerra ma troppo a lungo dimenticato” afferma Marco Petrelli, giornalista e autore de I partigiani di Tito nella Resistenza Italiana (ed. Mursia, 2020).
“Si tratta del rapporto stilato dal Capitano del Genio Navale (Marina cobelligerante, nda) Antonio Marceglia che, nella primavera del 1945, è infiltrato nell’Italia occupata con lo scopo di cercare una convergenza, fra italiani, per frenare l’avanzata titina in Friuli. Nel corso del suo viaggio Marceglia incontra Junio Valerio Borghese, comandante della Decima Mas, fra i militari più autorevoli della RSI, a sua volta attivo nel cercare di costruire un fronte anti-titino” continua Petrelli.
Nel documento (di cui alcune pagine sono riprodotte nell’appendice fotografica del volume), Marceglia evidenzia due cose: che la forza effettiva della Decima, negli ultimi mesi di guerra, è al di sotto delle aspettative della Regia Marina e che le Brigate partigiane “Osoppo” hanno categoricamente rifiutato ogni contatto e collaborazione con Junio Valerio Borghese e con i suoi marò. E’ lo stesso Borghese a riferirlo ad Antonio Marceglia nel corso di un incontro fra i due.
Nate nel dicembre 1943 a Udine, le Brigate “Osoppo” (nome: Fazzoletti Verdi) sono costituite da militari degli Alpini e della Guardia di Finanza e da civili, fra i quali Paola Del Din, operativo per conto dell’intelligence britannica nell’Italia settentrionale, prima donna ad essere lanciata in zona di guerra e prima donna ad essere decorata con Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Partigiani combattivi e determinati i Fazzoletti Verdi delle “Osoppo”, determinati a difendere l’integrità della Patria in un Friuli annesso al Reich dopo l’Armistizio, attraversato da eserciti stranieri e ambìto dalle avanguardie del IX Corpus sloveno del Maresciallo Tito, sotto il cui comando passano alcune formazioni comuniste operanti nella regione.
“Dal diario di Francesco De Gregori ‘Bolla’ si apprende che già nell’autunno 1944 i Fazzoletti Verdi erano stati messi davanti ad un aut-aut: passare alle dipendenze del IX Corpus od essere considerati ostili ai comunisti italiani e sloveni. Null’altro era che l’anticamera della tragedia di Porzus, che si sarebbe consumata nel febbraio successivo” afferma Marco Petrelli.
Il documento stilato da Marceglia è importante perché conferma quanto sempre sostenuto dalle Osoppo: anche a fronte del pericolo rappresentato dagli sloveni, ogni collaborazione con la Decima è stata sempre rifiutata dai Fazzoletti Verdi. E ben prima che si consumasse l’eccidio di Porzus.
“Malgrado i processi del dopoguerra avessero ristabilito la verità, punendo anche alcuni responsabili della strage, fino agli anni Duemila le Osoppo furono avvolte da una sorta di oblio, parzialmente rotto dal coraggioso lavoro del regista Renzo Martinelli. Una piena riabilitazione non c’è mai stata né, forse, un vero interesse a farlo. La costante, infondata paura di un attacco alla Resistenza, di porla sotto giudizio ha influito sulla capacità di analisi del tragico evento, ponendo in secondo piano anche la testimonianza del Capitano Antonio Marceglia, documento ufficiale che avrebbe potuto ristabilire la verità già alla fine del conflitto” conclude Petrelli.