Chi non ha vissuto in prima persona gli incubi della Guerra fredda, non può capire l’impatto – non solo simbolico – della caduta del Muro. Il 9 novembre 1989, preso d’assalto da migliaia di cittadini, il Muro di Berlino, Die Mauer, cento chilometri e oltre di cemento e filo spinato entrato nell’immaginario collettivo anche per cinema (Il cielo sopra Berlino) e musica (Heroes di David Bowie), cadeva, fatto a pezzi con i picconi e con le mani. Il simbolo di un regime che crollava, della fine del ‘secolo breve’ e di un sogno che rinasceva e sapeva di speranza e libertà, prima che di riunificazione, per la Germania e l’Europa intera
Mattoni di una nuova Europa
Non era ancora l’epoca degli smartphone e dei social media, le foto erano ancora ‘fisiche’, ma le immagini di quel muro grigio che si sbriciolava fecero il giro del mondo. Su quella polvere sarebbero stati posati i mattoni della nuova Europa e di una nuova unità, anche se altri muri, nel mondo, continuano a sopravvivere e a dividere. Il Muro Infinito – Berlino 1989 – 2019 è la mostra nata dalla collaborazione fra il Comune di Pordenone, il Craf di Spilimbergo e la Fondazione Museo Storico del Trentino, ospitata dal 9 novembre al 6 gennaio nella Biblioteca civica di Pordenone, nell’ambito delle iniziative Memorie dal muro.
Dagli archivi del Craf
La mostra non è solto fotografica, ma un racconto per immagini e parole di cui lo scrittore Eraldo Affinati è insieme curatore e protagonista coi suoi testi. Spesso ospite in Friuli e amico di Pierluigi Cappello, da sempre interessato alla storia del ‘900, l’autore di Berlin (Rizzoli, 2009: il ritratto di una città camaleontica dove a parlare sono le statue, il Muro, i morti e i vivi che l’hanno attraversata), ha scelto dall’archivio del Craf le immagini più significative della capitale tedesca divisa e poi riunita. Senza dimenticare gli ‘altri muri’ che ancora oggi feriscono il mondo, intersecando il percorso di immagini con la poesia dei suoi testi. Un lavoro realizzato pensando ai più giovani, che per l’autore ha un doppio significato: “Mia madre – spiega – fuggì dal treno della deportazione il 2 agosto ‘44 alla stazione di Udine. Se non ce l’avesse fatta, né io né mio fratello saremmo nati”.
I reportage ‘prima’ e ‘dopo’
Sessanta le immagini esposte su un muro simbolico, costruito al centro della sala. La prima parte è dedicata alla Berlino prima della caduta del Muro, ritratta da Toni Nicolini, fra le più prestigiose firme italiane del reportage sociale e del racconto per immagini. Il Muro immediatamente dopo il crollo è raccontato da Marion Messina – fotografa e insegnante – e Carlo Leidi, esponente dei movimenti politici e culturali degli Anni ‘60-‘70. La Berlino post Muro è protagonista nelle foto di Eugenio Novajra, Premio Fvg Fotografia 2018, che offre la sua visione di una realtà urbana dinamica, ma anche una galleria di ritratti che raccontano la vita quotidiana nella città. Tommaso Bonaventura è invece autore di un reportage dedicato al celebre quartiere multietnico di Kreuzberg. A suggello della mostra, un video che racconta, i muri che ancora dividono il mondo: in Messico, in Israele e Palestina, fra India e Bangladesh, a Ceuta e Melilla.