Tra le poche attività ammesse durante il lockdown, alcune di quelle svolte dalle filiere agroalimentari sono state sempre operative. Non poteva che essere così, stante l’ineludibile funzione vitale assolta dal cibo e l’obbligo delle nostre istituzioni a renderne possibile l’approvvigionamento attraverso modalità improntate ai principi di responsabilità e solidarietà.
COMPARTO NON IMMUNE – Tuttavia, la forte contrazione economica avviata dall’emergenza sanitaria non lascia immune il comparto. I contraccolpi non mancano sia per le filiere risultate più idonee a fronteggiare la contingenza, sia per le altre meno adatte e, in quanto tali, rimaste ferme anche in mancanza di impedimenti legali. La produzione primaria di frutta e verdura, se non subisce la scarsità di domanda da parte dei mercati, non sempre riesce a dare risposta a causa delle limitazioni al flusso di lavoratori stranieri che da diversi anni si occupano, in misura consistente, della raccolta dei prodotti sui nostri campi. La circostanza ha riportato l’attenzione dialettica sulla piaga del caporalato implementando il fenomeno ‘storico’ con quello dei rider del food delivery.
Gravi danni economici colpiscono le imprese che realizzano beni di fascia alta soprattutto da esportazione e ristorazione, come carni, formaggi, vini, prodotti biologici.
CONSUMI MODIFICATI – Le misure di distanziamento sociale hanno favorito i consumi domestici di cereali e loro derivati, conserve, salumi e hanno mandato in crisi le attività di florovivaismo, agriturismo, enoturismo, street food. Significativa è la restrizione di molti mercati agroalimentari, pesanti sono le ricadute economiche sugli operatori delle filiere, tra i quali i più penalizzati nella distribuzione del valore risultano essere quelli del settore primario. Il work in progress normativo, volto a contenere i contraccolpi dell’emergenza, è per ora da reputare insufficiente e poco efficace. Si registrano gli interventi europei per adattare programmi e strumenti già esistenti per distillare vini, stoccare carni e prodotti lattiero-caseari, quelli per le deroghe temporanee alle regole sulla concorrenza e per utilizzare le risorse ancora disponibili nel pilastro dello sviluppo rurale, gli altri sul via libera agli aiuti nazionali in base al Quadro temporaneo varato dalla Commissione a sostegno dell’economia, accompagnati dall’auspicio, espresso da Stati membri (non tutti!) e Parlamento dell’UE, verso più adeguate misure finanziarie e di gestione dei mercati. Sul piano nazionale l’attivazione di misure straordinarie destinate a strutture di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, nonché a piccole e medie imprese agricole, silvicole e di acquacoltura, in sofferenza di liquidità, benché assistite quanto all’erogazione di prestiti da garanzie pubbliche nei limiti degli aiuti di Stato, scontano la scarsa conoscenza in seno al sistema bancario delle peculiarità del comparto agroalimentare e la consueta lentezza burocratica.
INCERTEZZE DEL CLIMA – Oltre alle fragilità provocate dalla crisi sanitaria, per l’agricoltura e i settori a essa collegati ci sono le incertezze sulla potenzialità produttiva legate al cambiamento climatico, al crescere della popolazione mondiale e delle esigenze di food security, all’aumento di Accordi preferenziali sul commercio internazionale di prodotti agroalimentari e della concorrenza a scapito del relativo comparto dell’Unione. In questo scenario il ruolo strategico del settore primario e del sistema agroalimentare, richiede alle istituzioni europee e nazionali di agire con una visione d’insieme attraverso una programmazione coordinata e non di breve termine. Attualmente preoccupano il rinvio della riforma della Politica agricola comune e il calo annunciato del relativo budget, le strategie di biodiversità e farm to fork proposte dalla Commissione nell’ambito del Green Deal europeo. Va bene la forte riduzione di pesticidi e fertilizzanti, ma attenzione all’introduzione di vincoli quali le riserve predeterminate di superfici agricole per produzioni biologiche o per trasformarle in aree ad alta biodiversità – che possono frenare e discriminare gli input produttivi degli agricoltori, incidendo sulla sovranità alimentare dell’Unione. Il pieno rispetto delle norme di rango costituzionale pressoché invariate richiede azioni integrate in cui le politiche agricole, con gli opportuni correttivi ecologici, favoriscano produzioni agroalimentari sostenibili anche sotto i profili economico e sociale, affinché con esse si possa competere su mercati locali e globali garantendo cibi sicuri e sani.
Mariarita D’Addezio, Professore di Diritto Agrario
Dipartimento di Scienze giuridiche
Università di Udine