L’ingresso di investitori stranieri nel sistema economico locale va ‘guidato’. Infatti, le Pmi che con i loro prodotti sono già presenti all’estero devo fare un ulteriore salto culturale, in termini sia manageriali sia tecnologici, proprio per non disperdere il potenziale acquisito e ancora da esprimere. Proprio per questo è nato da poco un progetto nazionale, Invest in Italy, che ha proprio questo obiettivo, come spiega Roberto Guerrini, di IC&Partners, società di consulenza di Udine, che all’interno del progetto rappresenta il Friuli-Venezia Giulia.
In cosa consiste il progetto?
“È finalizzato all’attrattività degli investimenti stranieri in Italia. Capofila è l’agenzia governativa Ice, attraverso il dipartimento Attrazione degli investimenti esteri (Aie) che svolge per lo Stato italiano le funzioni di favorire l’insediamento e lo sviluppo di progetti di aziende straniere in Italia; promuove opportunità di investimento in tutti i settori; supportare gli investitori per tutto il ciclo di vita dell’investimento (prima assistenza, tutoraggio, accompagnamento, aftercare).
Per favorire la diffusione del progetto nel territorio nazionale, l’agenzia ha siglato un accordo pilota con l’Ordine dei Commercialisti allo scopo di individuare una team di commercialisti diffusi nel territorio nazionale esperti in internazionalizzazione.
Il team al momento è formato da 25 professionisti che svolgono nelle regioni d’appartenenza il ruolo di antenna informativa del progetto e parimenti di selettori qualificati delle realtà aziendali locali potenzialmente attrattive per gli investitori internazionali.
Il prototipo di azienda target è una Pmi o una start up davvero innovativa che si contraddistingue per capacità produttiva, per la dotazione di tecnologia esclusiva e per la propensione ad aprirsi a una partnership azionaria con operatori industriali esteri”.
Lei come è stato coinvolto e che ruolo ha?
“Da anni faccio parte di IC&Partners, società multinazionale leader in Italia nella consulenza strategica di progetti direzionali internazionali. IC&Partners opera nel mondo attraverso numerose sedi estere – Bosnia, Bulgaria, Brasile, Cina, India, Polonia, Romania, Russia, Serbia, Ucraina, Ungheria, Usa, Vietnam – che permettono di presidiare i Paesi a più elevato potenziale e di raggiungere gli altri tramite una rete di professionisti selezionati: una rete strutturata e capillare per supportare il processo di internazionalizzazione delle Pmi e delle grandi aziende.
Nel duplice ruolo di consulente all’internazionalizzazione e all’innovazione e in qualità di amministratore ho vissuto in prima persona quanto complesso e delicato sia il ruolo che svolgono i consulenti all’internazionalizzazione nell’affiancare gli imprenditori che decidono di lavorare al di fuori dei confini nazionali.
A fronte della nostra esperienza ventennale, i coordinatori dell’osservatorio internazionale che guidano il progetto pilota hanno chiesto al nostro board di partecipare all’iniziativa scegliendo un rappresentante… da cui l’onore di essere stato selezionato.
Al momento all’interno del progetto Invest in Italy non esistono ruoli particolari poiché il primo obiettivo comune è far decollare l’iniziativa”.
Come si presenta il potenziale presente nella nostra regione?
“Il Friuli-Venezia Giulia da molti è vista come una terra di confine facilitata nei rapporti internazionali in un contesto geografico di prossimità tra Austria e Slovenia, ma in realtà ha una forte vocazione all’export globalizzato in diversi mercati extra UE.
Quello che a mio avviso rappresenta un punto di forza diffuso nel patrimonio delle imprese del Friuli-Venezia Giulia è il know-how, il cosiddetto ‘saper fare’ legato ai processi di manifattura che hanno reso le produzioni delle aziende della nostra regione delle vere e proprie eccellenze ricercate in tutto il mondo.
Esiste, però, il rovescio della medaglia. Non sempre queste imprese con manifatture eccellenti hanno saputo affiancare i continui investimenti di sviluppo e di crescita di prodotto con le necessarie strutture interne di management, idonee a trasformare le imprese note nei mercati esteri per prodotti internazionali in vere e proprie multinazionali geograficamente localizzate caratterizzate da strategie di leadership efficienti.
Le imprese del territorio tuttavia si stanno rendendo conto che quel vantaggio competitivo che le ha rese tra gli Anni ‘90 e 2000 dei temporanei benchmark positivi di mercato, con l’avvento di tecnologie sempre più aperte e diffuse, ha iniziato a erodersi velocemente ricreando all’estero una sorta di redistribuzione delle competenze espressione dei divari competitivi di produzione.
In questo scenario complesso, le imprese che hanno da sempre cavalcato l’internazionalizzazione rappresentano a oggi concreti leader internazionali in grado di competere con altre multinazionali straniere sempre più agguerrite e finanziariamente solide.
In sintesi, sono fermamente convinto che nulla è perduto anche per le Pmi che stanno soffrendo la competizione globale. Infatti a mio avviso esiste la concreta opportunità di recuperare velocemente il differenziale di competenze erose, proprio avvalendosi degli strumenti tecnologici. Questo nuovo percorso virtuoso tuttavia non potrà essere ulteriormente rimandato pena l’irreversibilità e a noi consulenti spetta il compito non semplice di supportare le imprese nella selezione delle migliori strategie digitali idonee a ripristinare una leadership internazionale”.
Cosa cercano gli investitori stranieri in Italia?
“Gli investitori stranieri sono alla ricerca di investimenti in tecnologia, di progetti difficilmente replicabili, di artigianalità dei processi e di efficienza della produzione. In buona sostanza cercano progetti innovativi e aziende innovative, ovvero imprese in grado di produrre margini e flussi di cassa nel tempo. Al momento questo è l’elemento distintivo chiave.
In secondo piano, anche se rilevante, resta il taglio dimensionale e organizzativo dell’impresa target. I partner stranieri investiranno per intraprendere un percorso di sviluppo e di performance. Almeno questo è lo spirito con cui si stanno selezionando sul mercato i potenziali investitori stranieri.
È innegabile che tuttavia saranno i numeri delle aziende target a fare da faro nella scelta dei potenziali investimenti. I parametri ufficiali non sono ancora stati diffusi ma sappiamo che due saranno i driver reddituali oggetto d’interesse, utili d’esercizio e Ebitda, realizzati e prospettici. Ipotizzando un livello minimo d’interesse possiamo prevedere utili superiori al 10% e Ebitda margin superiore al 20 per cento.
Allo stesso tempo per le aziende del nostro territorio, l’interesse principale è trovare negli investitori esteri dei veri e propri partner industriali che rappresentino per loro un acceleratore di crescita sui mercati internazionali”.
Quali possono essere i vantaggi per il territorio?
“Sicuramente molti e interessanti. Dobbiamo considerare che progetti istituzionalmente attrattivi, come ad esempio ‘One belt one road’ con l’hub portuale a Trieste e in particolare il punto franco, attraverso gli incentivi fiscali, porteranno ad avere ricadute positive sul territorio dell’intera regione, sia in termini di nuovi poli industriali, sia per nuovi servizi logistici con un rilancio complessivo di occupati e di competenze.
Oltre a progetti così eclatanti, esistono fortunatamente sul territorio molte aziende appartenenti a diversi comparti interessanti: agroalimentare, cantieristica navale, legno arredo, meccanica e siderurgica – mi perdoneranno gli altri non citati – molto ben rappresentati da aziende multinazionali che stanno facendo crescere attorno a sé Pmi di filiera dinamiche, competenti e innovative.
Nella mia attività di commercialista ho da sempre ritenuto strategico supportare le aziende nella consulenza in progetti di sviluppo e di localizzazione all’estero.
La nuova sfida sarà supportare le stesse aziende a evolversi nella tecnologia e nella digitalizzazione per permettere agli investitori esteri, culturalmente diversi da noi italiani, di avere una semplificazione nella condivisione dei valori dell’azienda e nella visione prospettica delle strategie aziendali”.