Doveva abolire la povertà e, invece, si sta rivelando un deludente flop. In verità, non serviva un Premio Nobel per l’economia a capire che il reddito di cittadinanza, il provvedimento ‘bandiera’ del Movimento 5 Stelle al governo, non avrebbe mai raggiunto gli obiettivi che si prefiggeva. Al di là delle ovvie critiche delle opposizioni, aveva sollevato perplessità da parte della gran parte delle categorie economiche. Ora, però, a esprimere delle valutazioni oggettive, dati alla mano, è intervenuta la Corte dei Conti, attraverso il suo ‘Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica’.
DUE CATEGORIE – Nel documento si rileva che in Friuli-Venezia Giulia i nuclei familiari che hanno accesso attualmente al reddito di cittadinanza sono 9.518 per un numero di persone complessivo di 19.422. A loro va un assegno medio mensile di 411 euro. A questa prima categoria si aggiunge una seconda, quelli che percepiscono la pensione di cittadinanza: si tratta di 2.001 nuclei familiari per un totale di 2.183 persone (quindi la maggior parte anziani soli) e l’importo medio mensile ricevuto è di 190,50 euro. Sommando le due categorie, quindi, nella nostra regione le famiglie inserite nel programma governativo sono 11.519 per un totale di 21.605 cittadini. La critica maggiore della Corte dei Conti arriva sulla ‘fase due’ del reddito di cittadinanza, quella cioè della ricerca di un lavoro ai percettori del sussidio.
FIRMA DEL PATTO – Rispetto allo scenario statistico appena illustrato, la platea di cittadini che poi vengono presi in carico dall’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (Anpal) è inferiore. In Friuli-Venezia Giulia, infatti, le persone che beneficiano del servizio di collocamento mirato sono 7.387, ma solo una parte sottoscrive il ‘patto per il lavoro’ ovvero l’impegno per accettare il percorso di inserimento nel mondo del lavoro proposto dagli uffici per il lavoro e dai navigator. Quanti sono nella nostra regione? Secondo l’Anpal sono 4.540. E gli altri 2.847 che non rientrano nel programma di ricollocamento pur avendo tutte le caratteristiche per farlo? La gran parte rifiuta e abbandona la disponibilità: si tratta di 2.186 persone. Altri, 658 sono stati esonerati e tre rinviati ai servizi sociali dei Comuni.
POCHI IN RICERCA – Si potrebbe pensare, a questo punto, che ‘almeno’ quei 4.540 siano già in viaggio verso un posto di lavoro che dovrebbe non soltanto ridare dignità e uno stipendio sufficiente, ma anche sollevare il sistema pubblico dagli oneri assistenziali. Peccato, che soltanto un terzo di loro, precisamente 1.514, siano stati finora presi in carico dall’Anpal. Gli altri, probabilmente, attendono a casa una telefonata. Torniamo, però, all’analisi della Corte dei Conti, che già un anno fa, nella relazione per il 2019, scriveva riguardo al reddito di cittadinanza: “configurandosi come strumento che intende rispondere sia a esigenze di lotta alla povertà sia a esigenze di stimolo dell’occupazione (politiche attive per il lavoro) porta in sé il teorico rischio di confondere obiettivi che rispondono a logiche diverse e richiedono approcci diversi”.
TEMPI LUNGHISSIMI – Secondo i dati Anpal, a livello nazionale solo uno su dieci è riuscito ad aver un contratto di lavoro e quasi la metà di essi ha iniziato a lavorare dopo 181 giorni di ‘ricerca’ da parte del navigator. Per perplessità iniziali della magistratura contabile, quindi, sembrano confermate dai fatti. “Non sembra riscontrarsi una maggiore vivacità complessiva dell’attività dei Centri per l’impiego (Cpi) e una crescita del loro ruolo nell’ambito delle azioni che si mettono in campo per la ricerca del lavoro” si continua a leggere nella relazione di quest’anno.
COLLOCAMENTO PUBBLICO – Il nodo del problema, sempre secondo la Corte dei Conti, è il marginale ruolo che gli uffici pubblici di collocamento continuano ad avere nel mettere in contatto domande e offerta di lavoro. In Italia i lavoratori che cercando un’occupazione la trovano nella gran parte dei casi per conoscenza diretta oppure attraverso le agenzie private. “L’obiettivo del rilancio dei Cpi è essenziale – spiega la relazione – ma si tratta di un obiettivo tanto meritorio quanto complesso e che richiederà tempi lunghi”.
L’INDICE NON PERDONA – Anche perché c’è un altro grossissimo problema. Dopo tutta la trafila con l’inserimento nel programma del reddito di cittadinanza e la sottoscrizione del patto per il lavoro, la gran parte dei soggetti coinvolti presentano una forte difficoltà di collocamento. Lo dimostra l’indice di profiling, uno strumento che consente di individuare il grado corrispondenza tra il profilo del lavoratore e le richieste del mondo del lavoro. Zero: trovi facilmente lavoro. Uno: sarà molto difficile che qualcuno ti assuma. I candidati del Friuli-Venezia Giulia presentano un indice dello 0,845.