Venerdì 14 giugno tre piazze, Milano, Firenze e Napoli, saranno invase da migliaia di metalmeccanici di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil di tutt’Italia che sciopereranno per rivendicare, da questo governo, che vengano rimesse in primo piano l’industria, il lavoro e l’equità sociale. A Milano il corteo partirà da Porta Venezia per arrivare a piazza Duomo, dove è previsto l’intervento di Marco Bentivogli, segretario generale Fim. Cisco dei Modena City Ramblers suonerà alcune canzoni con la sua band alternandosi sul palco durante il comizio.
Una manifestazione – quella in programma domani – fortemente sentita anche in Friuli Venezia Giulia, come dimostrato dalla condivisione registrata durante le assemblee di questi giorni. Lo sciopero sarà di otto ore e in Friuli Venezia Giulia interesserà circa 40mila lavoratori. “Anche le imprese della nostra regione – spiegano i segretari regionali di Fiom, Fim e Uilm Maurizio Marcon, Gianpiero Turus ed Ezio Tesan – devono fare i conti con una contrazione degli ordini e dei volumi generalizzata, che nasce sia dalla flessione della domanda interna che da una congiuntura internazionale tornata negativa. A soffrire, infatti, sono anche i mercati esteri cui guarda la nostra regione, a partire dalla Germania, che fino al 2018 era stata uno dei principali motori della ripresa o comunque un’iniezione di ossigeno per il nostro manifatturiero”.
I venti di recessione, purtroppo, soffiano sempre più forte, mettendo in difficoltà non soltanto le imprese che erano uscite con più difficoltà dalla crisi, ma anche quelle più performanti e attive sui mercati esteri. “In questo quadro – proseguono i segretari – la prospettiva immediata non è soltanto quella di un nuovo incremento del ricorso alla cassa integrazione, ma anche di un taglio dei contratti a termine e del lavoro somministrato. Una situazione potenzialmente esplosiva e con il rischio di migliaia di esuberi, anche perché, oltre al calo della domanda interna ed estera, dovremo fare i conti anche con i processi di digitalizzazione e automazione dei processi produttivi, che avranno anch’essi ripercussioni negative sull’occupazione, soprattutto se non saranno gestiti attraverso la contrattazione, un rafforzamento degli ammortizzatori sociali e la formazione”.
Da qui la principale richiesta al centro dello sciopero e delle tre manifestazioni nazionali che lo accompagneranno, a Milano, Firenze e Napoli: un grande piano di rilancio degli investimenti pubblici sulle infrastrutture, sulla messa in sicurezza del territorio e degli edifici pubblici, sulle politiche abitative, come volano per far ripartire anche gli investimenti privati e invertire la spirale recessiva. “Un piano – aggiungono Marcon, Turus e Tesan – che dovrà essere sostenuto anche da politiche fiscali per aumentare il potere di acquisto dei salari. Non crediamo invece nella necessità e nell’efficacia di nuovi interventi per ridurre il carico fiscale sulle imprese: strumenti di questo tipo ce ne sono già a sufficienza sia a livello nazionale che nella nostra regione. La vera priorità – concludono i segretari di Fiom, Fim e Uilm – è quella di far ripartire la domanda interna e gli investimenti”.
Quanto alla situazione generale del settore, è allerta anche in Fvg, dove diverse crisi cominciano a farsi sentire, così, ad esempio, nella siderurgia. Un esempio su tutti, Sertubi di Trieste, che proprio i giorni scorsi ha annunciato un drastico taglio di personale, da 65 a 15 unità. Tuttavia le situazione di difficoltà iniziano ad essere distribuite su tutto il territorio regionale: nel pordenonese con Lavinox e Sarinox, ma anche nella zona udinese con Dm Elecktron e la chiusura della produzione della Stanley Black&Decker. “Manca una politica seria sull’industria ed un’attenzione più decisa su un comparo che continua a costituire l’ossatura del nostro Paese”, commenta Turus, puntando il dito anche contro la Regione e la scarsità di politiche attive messe in campo.
Spiega il numero uno della Fim Cisl Nazionale, Bentivogli: “Gli investimenti industriali stanno rallentando, l’industria manifatturiera frena e tantissime aziende continuano a soffrire. 160 tavoli di crisi aperti al Ministero dello Sviluppo Economico , a gennaio erano 138 e il numero dei lavoratori che rischiano di perdere il lavoro, a seconda della piega che prenderanno le vertenze, va dagli 80.000 ai 280.000, contemporaneamente stanno aumentano gli incidenti e le morti sul lavoro, di ieri l’ennesimo incidente mortale”.
“Ad aprile l’utilizzo della cassa integrazione è aumentato del 78% rispetto all’anno prima e del 79% sul mese di marzo. Di questo passo il 2019 rischia di contare un milione di ore di cassa integrazione che coinciderebbero con un crollo della produzione industriale, con un impoverimento produttivo, con il continuo aumento del debito pubblico e con la riesplosione dello spread. Se queste sono le premesse a metà anno, il 2019 non sarà un anno bellissimo”, continua Bentivogli.
“Il Governo deve invertire rotta, puntare su lavoro e sugli investimenti industriali, altrimenti perderemo le occasioni per restare competitivi nel mercato globale con prodotti ad alto contenuto innovativo consolidare l’occupazione, stabilizzare i lavoratori precari e migliorare la produttività, vero dramma del Paese e unica leva per liberare gli investimenti delle imprese e far crescere i salari”, prosegue in numero uno Fim Cisl.
“La scelta di spostare risorse dal lavoro all’assistenzialismo non farà che incrementare le disuguaglianze tra le persone e minare le condizioni necessarie per poter riformare il fisco a favore dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Bisogna smettere di strizzare l’occhio ai furbetti che fanno rientrare indisturbati i propri capitali dall’estero e agli evasori fiscali, e riformare le pensioni con attenzione alla condizione femminile, ai lavoratori precoci e a chi fa un lavoro gravoso e usurante. Per fare questo serve uscire da questa campagna elettorale permanente e da politiche che puntano alla prossima elezione e mettere in campo riforme che guardino al futuro del paese per i prossimi 30 anni”, conclude Bentivogli.