Si aspettava con ansia l’approvazione in Consiglio dei Ministri del disegno di legge sul bilancio 2022 che conteneva al suo interno anche la parte destinata alla previdenza ma, in analogia all’anno scorso, anche per quest’anno poco, molto poco c’è riguardo alla nuova legge previdenziale che tutti gli italiani si aspettano in sostituzione della odiata legge Fornero.
Inoltre, questa bozza contiene solo alcuni provvedimenti di durata limitata al 2022. Il Governo, infatti, propone sostanzialmente un anno di transizione per poi aprire una discussione generale che dovrebbe portare all’approvazione della legge da gennaio 2023.
In sostituzione alla contestatissima ‘quota 100’ (il cui termine è previsto a fine 2021 e che non sarà rinnovata) viene proposta ‘quota 102’. In pratica per accedere al pensionamento serviranno almeno 38 anni di contributi sommati a 64 anni di età. Inoltre, è stata prevista la continuazione di opzione donna ma con requisiti dell’età aumentati di due anni. Per accedervi saranno necessari almeno 60 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 61 per le autonome oltre ad almeno 35 anni di contributi.
Ci sarà un’implementazione di categorie di lavoratori che potranno accedere all’Ape Sociale come, ad esempio, magazzinieri, estetiste, maestri elementari, conduttori di impianti e macchinari o artigiani. Ci sarà un fondo di 600 milioni in tre anni per le piccole aziende in crisi per permettere l’accesso al pensionamento di lavoratori che abbiano almeno 62 anni di età e l’estensione dei contratti di espansione anche per aziende con 50 dipendenti.
Come si vede, molto poco. Niente a che vedere con una riforma organica e strutturale che tenga conto di tutte le peculiarità che deve necessariamente contenere una legge che interessa milioni di cittadini e incide notevolmente sulle loro vite. La legge di bilancio questa settimana approderà al Senato per iniziare la discussione che porterà sicuramente a qualche modifica, con gli emendamenti presentati dalle varie forze politiche. Per esempio, quasi sicuramente saranno ripristinati i requisiti di accesso a Opzione Donna tornando a 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 59 per le autonome (quasi tutti i partiti sono d’accordo, ma non per una questione di genere semplicemente perché usufruendo di tale istituto bisogna optare per il calcolo dell’assegno previdenziale totalmente con il sistema contributivo che porta a una decurtazione di circa il 25/30% dell’importo da percepire e soprattutto per sempre).
Quindi nemmeno l’anno 2021 sarà quello decisivo per una nuova legge previdenziale: tutto il discorso è spostato al 2022. Draghi ha assicurato che già all’inizio dell’anno convocherà i sindacati per iniziare un confronto che porterà a una nuova legge strutturale ma in realtà il futuro è nebuloso. Il premier, ormai leader in Europa dopo l’uscita di scena di Angela Merkel è tirato per la giacchetta. C’è chi lo vuole Presidente della Repubblica, chi, invece, afferma debba rimanere a Palazzo Chigi, chi lo vede superare i confini, magari per un prestigioso incarico nella Commissione Europea… Oltretutto si stanno avvicinando le elezioni che potrebbero cadere già nel 2022 e stravolgerebbero completamente tutti i piani in ambito previdenziale.
Ecco perché sarebbe stato auspicabile che la legge previdenziale avesse avuto un suo iter autonomo e non fosse inserita nella legge di bilancio con pochissimi giorni a disposizione per la discussione parlamentare e dove molto probabilmente per non sottoporre il testo approvato in CdM a troppe modifiche sarà chiesto il voto di fiducia.
Rubrica a cura di Mauro Marino, esperto di economia e pensioni