Sembra quasi di essere in ambito calcistico dove, è risaputo, tutti i sessanta milioni di italiani sono commissari tecnici e dove tutti hanno in tasca la formazione vincente della Nazionale. Anche persone che non hanno mai giocato a calcio e, magari, si dichiarano sportivi perché vedono le partite comodamente sprofondati in poltrona.
In ambito previdenziale, dove sono necessarie approfondite conoscenze socio-economiche, accade più o meno lo stesso. In prossimità della scadenza di ‘quota 100’ e per evitare il famoso scalone di cinque anni per non sprofondare tout court nell’odiatissima legge Fornero, tutti – politici, sindacati, economisti, presidenti attuali ed ex dell’Inps e gruppi Facebook – hanno la loro proposta e, più si avvicina la scadenza del 31 dicembre, più le ipotesi aumentano.
Il Governo, che è l’unico soggetto che dovrebbe parlare in maniera chiara alla cittadinanza, a tre mesi da una scadenza così importante è proprio l’unico che, al momento, ancora non si è espresso chiaramente. Questo atteggiamento di attesa non fa altro che generare ansia e preoccupazione in milioni di italiani e, ovviamente, fa proliferare le più disparate proposte, in alcuni casi assolutamente strampalate. Infatti, per addentrarsi con cognizione di causa in questo ambito, oltre a conoscere bene la materia previdenziale nei suoi molteplici aspetti, bisogna tener conto della situazione economica, dell’ambito sociale, delle indicazioni dell’Unione Europea e delle giuste aspettative dei cittadini.
Oltre alle note proposte dei sindacati confederali di 41 anni di contribuzione per tutti oppure in alternativa 62 anni di età per poter accedere al pensionamento, c’è l’ipotesi del presidente dell’Inps Tridico di pensionamento a 63 anni col metodo contributivo e poi a 67 anni ottenere anche la parte di retributivo. Non manca poi quella del suo predecessore Boeri di accesso a 63 anni e penalizzazione dell’1,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni; non manca, poi, ‘quota 102’ (64 anni di età sommati a 38 di contributi) e adesso si parla anche di un fondo ministeriale della durata di tre anni (2022-2023-2024) e con un costo di circa tre miliardi di euro annui che, al raggiungimento di una quota 101 o 102, erogherebbe una prestazione pari alla pensione fino al momento in cui raggiungendo i requisiti effettivi il lavoratore verrebbe preso in carico dall’Inps.
Senza contare poi Matteo Salvini che in ogni comizio della sua campagna elettorale per le elezioni amministrative di ottobre parla di “prorogare quota 100”, magari per un anno, scagliandosi contro il ripristino della legge Fornero quando ormai tutti sono concordi nell’evitare il ritorno alla legge della professoressa più famosa d’Italia.
Inoltre, in questi giorni la Commissione Tecnica incaricata dal Ministro Orlando di redigere un nuovo elenco di lavori gravosi e usuranti per implementare l’Ape Sociale ha concluso la prima parte dei lavori, aumentando da 65 a oltre 200 le mansioni considerate gravose tra cui molte categorie operarie, conduttori di bus e tram, Oss, insegnanti delle elementari, portantini, magazzinieri, forestali, …
Come si vede, quindi, un gran fiorire di proposte e molte, forse troppe, ipotesi sul tappeto che Draghi con i Ministri Franco e Orlando dovrà dipanare in fretta per dare agli italiani, dopo venti mesi di incertezza sul fronte sanitario, una nuova legge previdenziale che sia il più possibile equa e duratura, scongiurando ipotesi a tempo che poi si rivelano ancora più dannose.