Stefano Visintin è stato riconfermato, per acclamazione, alla guida dell’Associazione spedizionieri del Porto di Trieste e Friuli Venezia Giulia. Visintin sarà affiancato dai due vicepresidenti Marino Marini (Korman Italia SpA) e Paolo Nassimbeni (Samer & Co. Shipping SpA). Il Consiglio direttivo è composto da Giacomo Borruso (Inter-porto di Trieste SpA), Roberto Castelnovo (Rail Cargo Carrier – Italy Srl), Antonio D’Acunto (B.F.B. Snc), Paolo Flegar (Korman Italia SpA), Gianfranco Lorenzoni (Doganalista), Franca Luchesi (Santandrea Srl), Jens Peder Nielsen (Samer Seaports & Terminals Srl), Matteo Parisi (Francesco Parisi SpA) e Fabrizio Zerbini (Trieste Marine Terminal SpA).
Visintin ha fatto il punto della situazione e delineato alcuni punti programmatici, sui quali l’assemblea ha espresso unanime condivisione. “Mentre il presidente Zeno D’Agostino sta lavorando per la creazione di piattaforme commerciali per la vendita sull’immenso mercato cinese di prodotti italiani, soprattutto del NordEst il sistema produttivo deve guardare oltre la saracinesca del proprio magazzino e consegnare la merce sulla soglia dei clienti di tutto il mondo, creando valore e occupazione dal trasporto dei propri prodotti”, ha sottolineato Visintin. “Gli spedizionieri vogliono sostenere le imprese del Nord-est nel processo di riappropriazione della propria catena logistica, utilizzando possibilmente le strutture portuali e interportuali del Friuli Venezia Giulia. Tutte le associazioni imprenditoriali, sindacali e gran parte dei rappresentanti politici regionali sono ormai persuasi che il regime di Porto franco sia uno dei principali strumenti per la creazione di lavoro e reddito”, ha ribadito Visintin. “Due ministri dell’attuale Governo hanno sostenuto recentemente la necessità che tutti gli apparati dello Stato prendano atto in maniera inequivocabile dell’extraterritorialità doganale del Porto franco internazionale di Trieste. E’ ora che il Governo italiano agisca conseguentemente, comunicando all’Unione Europea che Trieste non è una zona franca comunitaria al pari di molte altre, ma un territorio extra-doganale, così come stabilito da norme di diritto pubblico internazionale”.
“I benefici doganali e fiscali non hanno mai smesso di essere utilizzati e, vista l’impossibilità finora riscontrata di avviare lavorazioni industriali in porto franco dopo che il decreto interministeriale del 2017 le aveva previste, dobbiamo ritenere che dal 1994 a oggi l’esistenza del porto franco sia stata sostanzialmente simulata dallo Stato italiano”, ha detto ancora il presidente degli spedizionieri. “Ora che tale decreto ne ha chiarito la sua piena sussistenza, assistiamo, invece, a una dissimulazione del porto franco, che ostacola il pieno sviluppo dell’unica attuale possibilità per l’Italia di creare valore aggiunto con traffici di merci non generati dal suo debole mercato interno. Sta ora all’intelligenza politica di chi rappresenta le Istituzioni saperci ascoltare e comprendere il valore per l’intero Paese dell’asset competitivo di cui disponiamo”.