Quando Legambiente ha iniziato a sensibilizzare la città sul pericolo che potevano corre i secolari gelsi della zona rurale di Montesanto, con gli scavi in atto lungo le strade per la nuova irrigazione agricola, "qualcuno avrà pensato all’inutilità del nostro gesto mentre un nutrito numero di cittadini e cittadine ci ha aiutato e incoraggiato".
"Non sappiamo quali passi abbia fatto nel frattempo l’Amministrazione comunale di Gorizia per inserirli in una fascia di tutela nei suoi strumenti urbanistici ma, essendo alberi che hanno fatto parte della storia e del paesaggio locale, dovrebbero avere acquisito il diritto di essere tutelati come alberi monumentali o notevoli anche ricorrendo alla Legge 14 gennaio 2013 n.10 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” ed al Comitato per il Verde Pubblico istituito presso il Ministero per l’Ambiente - afferma Legambiente in una nota -".
"Reintrodurre i discendenti dei nostri vecchi gelsi a Gorizia non è solo un’operazione romantica che tocca il cuore dei più sensibili amanti della natura ma è anche un’operazione storica (Gorizia era molto conosciuta per l’industria serica e qui venne aperto nel 1869 il primo I. R. Istituto Bacologico Sperimentale per ricerche e studi sulla sericoltura) e, non dimentichiamolo, è soprattutto un gesto volto a promuovere la biodiversità coltivata e sostenibile visto che i bachi da seta, come del resto i gelsi, sono degli indicatori ambientali formidabili e non sopportano veleni".
"Negli anni ’90 era infatti fallito il tentativo di riportare la sericoltura nel nostro territorio causa la diffusione di un parassitario per le coltivazioni di frutta che, depositandosi sui gelsi, provocava degli effetti nocivi ai bachi. Dal 2012 questo insetticida non viene fortunatamente più usato. Quindi i gelsi sono una sentinella della salubrità dell’ambiente e andrebbero mantenuti in piccoli gruppi e filari per dare valore al paesaggio - conclude Legambiente -, ma soprattutto in siepi e boschetti campestri per rinaturalizzare gli ecosistemi rurali.