I cambiamenti climatici stanno sconvolgendo l’esistenza di molte specie, fino al punto da metterne a rischio l’esistenza stessa.
Per la nostra regione il danno potrebbe essere ancora più grave, perché siamo uno dei territori con la maggiore biodiversità. I primi effetti si cominciano ad avvertire soprattutto sulle alpi. Eppure, molte specie sono ormai già sull’orlo dell’estinzione a causa dell’impatto antropico, sempre più elevato, che si traduce in cementificazione, agricoltura intensiva, progressiva scomparsa degli ultimi lembi di natura, soprattutto nel caso delle zone umide bonificate senza alcun riguardo per l’ecosistema che custodivano.
Abbiamo contattato tre esperti per capire quali sono le specie che rischiano di scomparire in Fvg e quali siano i motivi: sono Luca Lapini, teriologo del Museo friulano di storia naturale ci ha parlato dei vertebrati, il collega Luca Glerean, entomologo si è concentrato sugli invertebrati mentre a Fulvio Genero, ornitologo.
Se si escludono le zone alpine, dove fa sempre più caldo, tutti i nostri interlocutori concordano su un fatto: in pericolo sono soprattutto le specie che resistono in pianura, isolate in poche oasi troppo piccole e scollegate.
Il moscardino non ha più spazi adeguati
Questo simpatico mammifero, appartenente alla famiglia dei ghiridi, resiste ormai solo in piccoli pezzi di bosco della pianura, ma avrebbe bisogno per sopravvivere di zone estese almeno 20 ettari senza alcuna cesura. La frammentazione delle aree naturali mette a serio rischio anche il ritorno della lontra che pure sta tentando di colonizzare la parte alta del terrioorio regionale dopo essere partita dall’Austria.
Rane e salamandre senza futuro
Sono quelle che vivono nelle aree umide della pianura, per lo meno negli ambienti non desertificate dalle bonifiche o avvelenate da fitoframaci e pesticidi E’ il caso del Pelobate fosco, rana che potrebbe essere già esistonta, della rana di Lataste che resiste nei boschi lungo i corsi d’acqua. Ad alto rischio anche la salamandra alpina che sta soffrendo il progressivo aumento delle temperature.
Non disturbate l’allocco degli Urali e l’averla
Siamo l’unica regione italiana ad ospitare poche coppie nidificanti di allocco degli Urali, censite nel Tarvisiano e nelle Valli del Natisone. Se disturbato, questo splendido strigiforme abbandona il nido, fatto che lo rende molto esposto dove sono in corso attività silvo pastorali. Va pure peggio per l’averla piccola, ormai scomparsa dalla pianura, mentre pavoncella e albanella minore, che nidificano a terra, sono in fortissima rarefazione a causa delle pratiche agricole.
I tetraonidi cercano riparo in vetta
Gallo cedrone, gallo forcello, francolino di monte, pernice bianca. Sono tutti uccelli che un tempo erano ben presenti anche sulle cime delle Prealpi e che ora si sono spostati a quote più alte per sfuggire all’aumento della temperatura. I loro destino tuttavia, se la febbre del pianeta salirà ancora, è segnato perché man mano che si sale di quota resta sempre meno spazio e le condizioni si complicano.
Delfini ammalati di inquinamento
Il Grampo grigio, cetaceo appartenente alla famiglia dei delfini, sta subendo un costante calo mentre aumentano i casi di spiaggiamento. I ricercatiori hanno scoperto che le acque sempre più inquinate dell’Alto Adriatico provocano fenomeni di immunosopressione che lo espongono all’attacco di parassiti. Questi si annidano negli organi dell’equilibrio impedendogli di orientarsi correttamente.
L’allodola non canta più nella Bassa
Il suo canto salutava l’inizio di un nuovo giorno, ma ormai non si ascolta più nelle aree di pianura, dove è data sostanzialmente per scomparsa, mentre resiste ancora nelle aree collinari e montane. Stessa triste sorte per la quaglia, un tempo preda prediletta dei cacciatori, diventata una rarità. Praticamente scomparso dalla pianura anche il barbagianni. In tutti questi casi, sotto accusa sono le pratiche agricole intensive, dove si fa largo ricorso ai macchinari e l’uso esteso di pesticidi.
Farfalle e libellule ci dicono che il nostro ambiente è sempre più malato
Gli invertebrati sono per eccellenza tra i migliori indicatori sullo stato di salute dell’ambiente. Progressiva diminuzione delle aree naturali, inquinamento e cementificazione sono dunque letali, ma spesso gli studi condotti sono limitati e per molte specie non si conosce pienamente etologia e dinamiche delle loro popolazioni. Di certo si sa che è a forte rischio la nehalennia speciosa, una libellula fra le più rare in Italia, che sopravvive solo nella nostra regione nelle aree umide, dopo essersi estinta in Lombardia. Stesso ambiente per la aritrura musculus, farfalla notturna sul baratro dell’estinzione o per la zeuneriana marmorata, una cavalletta presente solo nei territori dell’Alto Adriatico e data addirittura per estinta fino a pochi anni fa.