“La commercializzazione dei prodotti a base di finta carne può indurre i consumatori europei a pensare erroneamente che queste imitazioni siano sostituti uguali agli originali. La questione non è solo il consumo o il non consumo di carne, ma semplicemente l’importanza di chiamare correttamente le cose con il loro nome”, scrive in una nota l’europarlamentare della Lega Elena Lizzi.
“Se da un lato i prodotti a base di vegetali possono garantire un importante apporto proteico, dall’altro questi non hanno lo stesso valore nutrizionale rispetto alle loro controparti di carne o semplicemente non contengono carne. Molti consumatori inoltre non sanno che la maggior parte dei cosiddetti “hamburger –non– hamburger” non sono fatti sempre e solo con proteine vegetali ricavate da legumi, ma sviluppati in laboratori. L’industria delle imitazioni ha infatti approfittato di una falla europea per dirottare queste potenti denominazioni comuni a suo favore. È impensabile che la ricerca imponga alternative ai prodotti dell’agricoltura. Con l’aumento della commercializzazione di prodotti sostitutivi della carne è messo in discussione anche un patrimonio culinario europeo e il rispetto del lavoro di milioni di agricoltori e lavoratori del settore zootecnico europeo. Gli interessi in gioco sono notevoli: la crescita della carne sintetica è del 38% in Europa in due anni, vale circa un miliardo di euro, e il mercato italiano, che equivale a 175 milioni, è il secondo in Europa dopo quello tedesco”, conclude Lizzi, in merito alla discussione prevista per martedì in Parlamento europeo sull’abolizione o meno del divieto di definire “carne” un prodotto di sintesi, sancito dall’emendamento 165 dell’aprile del 2019.