Mezzo secolo di ‘privata’, ovvero cinquant’anni dietro ad un bancone di legno da cui servire i prodotti sudati della terra. Ma anche dieci dall’apertura del nuovo punto vendita. Questi i traguardi dell’azienda agricola Gandin Marcellino di San Pier d’Isonzo, festeggiati assieme ad amici e parenti nella gioiosa laboriosità di un sabato dicembrino. Dipendenti, operai e proprietari assieme per guardare a quanto fatto e puntare al futuro.
In oltre cinquant’anni di attività non solo è cambiata una società ma, ovviamente, anche il modo di concepire ‘la privata’ o, comunque, il punto vendita e degustazione di un’azienda. Che rimane, inequivocabilmente, un punto fermo e sicuro per un’intera comunità dove incontrarsi, scambiarsi qualche opinione e discutere ‘Urbi et Orbi’ su qualsiasi tematica.
A portare avanti, ad oggi, l’azienda sono Daniele Gandin e sua moglie Marina Sfiligoi, assieme a numerosi dipendenti dietro il bancone e agli infaticabili operai tra le vigne. Ma testimone dei cambiamenti degli ultimi tempi è sicuramente Claudio Gandin, papà di Daniele, che in numerosi lustri di attività ha sempre osservato con occhio vigile il paese e le sue evoluzioni.
“Perché una privata funzioni bisogna che ci sia un continuum di clienti – esordisce Claudio – e la gente va ringraziata”. Quale miglior modo se non tramite una festa, andata in scena la scorsa settimana. “Una festa è un atto generoso verso i clienti – prosegue Claudio – e la nostra è una cura verso il cliente che si tramanda da varie generazioni”. Da tante, visto che la privata ha raggiunto i 67 anni di vita.
“Una volta si comprava il vino in damigiana – riflette lo stesso Claudio davanti ad un buon Pinot grigio – e ricordo un’annata in cui abbiamo venduto ben 1.500 ettolitri, mentre ad oggi la media è di circa 900”. Va detto che “un tempo c’erano più ‘ubriaconi’, ora è arrivata la cultura della degustazione e non è un caso che abbiamo un enologo che segue la nostra produzione affinché sia sempre migliore”. Ma è cambiata anche l’agricoltura. “C’è un sistema diverso di lavorare i campi, quasi ci si inventava il lavoro: oggi per fortuna si è seguiti e consigliati nelle varie fasi”.
E così è cambiato anche il paese, se si considera che San Pier d’Isonzo negli anni ’50 del Novecento contava circa il 63% di persone che lavoravano in campo agricolo: oggi sono solo il 3%. “La terra è difficile da lavorare, è necessario avere un capitale fermo alle spalle e la burocrazia certo non aiuta. Mentre tutti i miei coetanei andavano a lavorare nelle officine o in cantiere, lasciando la terra – conclude Claudio con un pizzico di orgoglio – io ripetevo loro che si può trovare soddisfazione anche lavorando la terra, bisogna solo aver pazienza e passione”.
Foto di Marcello Voltolina