S aremo pure a statuto speciale, ma di questo passo, stretti fra continui prelievi imposti da Roma e l’arrembante richieste delle Regioni a statuto ordinario per acquisire maggiore autonomia, rischiamo semplicemente di trasformarci in Regione a scartamento ridotto.
Qualcuno, come Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna va a Roma per chiedere, e molto probabilmente ottenere, nuove competenze e le conseguenti risorse. C’è anche chi, Regione a statuto speciale, riesce a ottenere sconti importanti: è il caso della Sicilia, che lo scorso dicembre ha siglato un accordo con lo Stato che prevede uno sconto di 900 milioni in 3 anni sul contributo al risanamento della finanza nazionale. E noi? Dopo i soldi già versati negli anni scorsi – dal 2011 al 2018, abbiamo versato nelle casse dello Stato circa 7 miliardi – rischiamo di dover sborsare nei prossimi tre anni altri 2,4 miliardi di euro. Parliamo di rischio perché questa è la cifra ipotizzata nella legge di bilancio approvata a fine anno, ma visto che c’è tempo per contrattare solo fino al 31 gennaio, possiamo parlare di quasi certezza. Dunque saremo pure speciali, ma a suon di chinare il capo, di questo passo, con la nostra specialità potremo fare ben poco.
Chi invece come il Veneto va avanti a spron battuto per ottenere più competenze guarda al futuro con rinnovato ottimismo.
Ottimismo invece ben presente nelle parole del Governatore Luca Zaia, che abbiamo intervistato per comprendere a che punto sia il cammino avviato con il referendum consultivo che nell’ottobre del 2017 si è trasformato in un plebiscito per ottenere finalmente l’applicazione concreta dell’articolo 116 della Costituzione.
Quali sono le competenze più qualificanti sulle quali avete avviato la richiesta di autonomia?
“Non ce n’è una più importante dell’altra. Volutamente non abbiamo indicato una graduatoria perché altrimenti il rischio è che siano individuate priorità che finirebbero per concentrare il dibattito su alcune materie trascurando le altre. La Costituzione ci dà modo di chiedere competenze su 23 materie e questo abbiamo fatto anche attraverso il referendum. Confermo che abbiamo una bozza di accordo con il Governo su 23 settori. Non uno di meno”.
Questione risorse: state ragionando sulla compartecipazione come avviene nel caso delle Regioni già autonome?
“Uno degli elementi sui quali si discute è ovviamente quello delle risorse collegate alle competenze”.
Avete già una stima delle risorse che chiederete?
“Al momento no. Abbiamo affidato la questione a esperti e lasciamo che facciano il loro lavoro. Partiamo da un dato di fatto: ciò che resta a Roma delle tasse raccolte in Veneto, è pari a 19 miliardi di euro. L’altro dato importante, che cito per controbattere a chi afferma che così spacchiamo l’Italia, è che oggi non tutte le pubbliche amministrazioni sono virtuose. Si spreca 30 miliardi all’anno di risorse. Se invece si applicasse la regola dei fabbisogni standard che chiediamo da tempo, avremmo la possibilità di risparmiare tutti questi soldi e di unire maggiormente la nazione”.
Che tempi vi siete dati?
“Siamo già pronti. Il progetto è scritto fin dal 2 ottobre. Registriamo dichiarazioni incoraggianti, non soltanto da Matteo Salvini che ha sempre sostenuto l’iniziativa, ma pure dagli alleati di governo. Sembra che la data fatidica sarà il 21 marzo. Speriamo che la partita si chiuda rapidamente, ma ci rendiamo conto che si tratta di una riforma epocale”.
Vanno avanti anche le richieste di altre Regioni, tra cui Lombardia ed Emilia Romagna. State facendo gioco di squadra?
“Certamente, perché stiamo semplicemente dando corso a quanto previsto dai padri costituenti nel 1948. Einaudi, presentando la Costituzione, disse che a ognuno bisognerebbe dare l’autonomia che gli spetta. Ovvero lo spirito di questa Costituzione era realmente federalista, ma la sua gestione è stata centralista”.
Le priorità del governo sono le medesime del Veneto e dei veneti?
“Assolutamente sì. Perché ce n’è una su tutte, ovvero l’autonomia che per noi è la madre di tutte le battaglie. E dato che l’autonomia è nell’ordine del giorno, dal contratto di governo alle dichiarazioni dei suoi esponenti, vuol dire che è prioritaria”.
Eppure come riesce a spiegare il reddito di cittadinanza voluto dai 5stelle a un concittadino veneto incontrato al mercato?
“Questo governo è al lavoro da soli sei mesi. Con il reddito di cittadinanza si è posta la questione dell’esistenza di oltre 5 milioni di meno abbienti in Italia. In Veneto comunque discutiamo su come applicarlo, se sia meglio mantenere chi sta seduto sul divano davanti alla tv oppure dare questi soldi a imprenditori affinché assumano chi è senza lavoro”.
I rapporti con il governatore Fedriga come sono?
“Ottimi. Con Massimiliano ci conosciamo da una vita e abbiamo in comune numerosi progetti. Cito Autovie Venete, i temi dei porti, dell’internalizzazione con Finest, dell’Euroregione e dell’autonomia, tematica alla quale Fedriga è molto attento”.
Dopo il passaggio di Sappada al Friuli, c’è il comune di Cinto Cao Maggiore che attende da ancora più anni la ratifica in Parlamento. Darete il via libera?
“Ho almeno una trentina di Comuni che chiedono di cambiare regione, ma nessuno vuole andare in Lombardia o in Emilia Romagna. Già a Sappada ora hanno dubbi sulla scelta fatta: se avessimo avuto più autonomia non se ne sarebbero mai andati. Il potere attrattivo delle comunità autonome è forte, ma di questo passo rischiamo di garantire lo sbocco al mare alle Province autonome di Trento e di Bolzano. Con l’autonomia del Veneto questa forza centrifuga non avrà più senso e si arresterà”.