Una decina di persone, tutti volontari, che quotidianamente assistono i parenti di chi si deve recare in ospedale. Indicazioni importanti, consigli o semplicemente una parola di conforto. Ma il loro lavoro, da due mesi a questa parte, ha cambiato il clima del Pronto Soccorso di Monfalcone, migliorando il lavoro degli infermieri. Si tratta degli ‘Assistenti alla Sala d’Attesa’ che, dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19 dal lunedì al venerdì, prestano del tempo a chi attende di sapere come stanno i propri cari.
Il servizio è attivo da giugno e i volontari “non forniscono nessuna informazione sanitaria”, spiega Irene Cristin, del Tribunale dei diritti del Malato, “ma possono essere utili per indirizzare verso alcuni reparti o per tranquillizzare le persone. L’importante è non reagire in modo negativo ma mediare, non ci possiamo prendere alcuna responsabilità”, prosegue.
Assieme al Tribunale per i diritti del malato, c’è l’Associazione Volontari Ospedalieri: entrambi si alternano con il proprio personale per questo nuovo e particolare servizio.
“Crediamo molto in questo progetto” spiega Lidia Di Stefano, direttore sanitario dell’Aas 2 Bassa Friulana Isontina, “che è stato accolto in modo positivo dall’utenza. Visto il successo pensiamo di esportarlo anche ad altre strutture. Trovare delle persone che danno informazioni e abbattono la barriera che si crea tra chi entra al pronto soccorso e il parente che deve aspettare fuori”, prosegue Di Stefano, “è sicuramente un dato importante”.
E lancia un messaggio: “Siamo in un luogo di cura dove, ovviamente, ci sono dei rischi, c’è gente malata, per cui i bambini e le persone che non hanno necessità stringente di dover venire in pronto soccorso dovrebbero essere lasciati a casa”.
Sulla stessa linea rispetto alla positività del progetto è anche il direttore del Pronto Soccorso monfalconese, Alfredo Barillari. “E’ un servizio estremamente importante, perché da un lato toglie gli infermieri dalla necessità di interrompere il lavoro per rispondere alle domande dei parenti, dall’altra forniscono utili informazioni. I familiari hanno continuo bisogno di riscontri perché non vedono quanto accade dietro alle porte”, dove spesso c’è un lavoro febbrile e gli operatori sono spesso messi sotto pressione.
A Barillari fa eco Michele Tonzar, direttore infermieristico, che sottolinea: “Spesso abbiamo difficoltà a comunicare fuori cosa succede dentro: questa struttura ha accessi che stanno aumentando. C’è una gran mole di lavoro”, conclude, “e far fronte a tutte le problematiche non è semplice”.