Maschi e femmine sono diversi. Non lo scopriamo oggi, ma ogni giorno nuove ricerche – in ambito medico, psicologico, sociologico – non fanno che confermarlo con l’avvallo della scienza. L’ultima ricerca in ordine di tempo è quella della Clinica di chirurgia plastica dell’Azienda sanitaria integrata di Udine. Al centro dello studio, ideato da Pier Camillo Parodi, direttore della struttura, con la collaborazione di Nicola Zingaretti, Fabrizio De Biasio e Giovanni Miotti (nella foto da sinistra verso destra), è stato quello di chiarire sempre meglio le dinamiche di invecchiamento del volto, con particolare attenzione alla porzione orbito-palpebrale (cioè alla zona dell’occhio e delle palpebre), attraverso l’osservazione delle caratteristiche di questa regione anatomica nella stessa persona in diverse epoche della sua vita.
“All’interno del volto la regione orbito-palpebrale rappresenta la parte coinvolta in maniera più evidente nei processi di invecchiamento e, storicamente, quella maggiormente sottoposta a trattamenti medici e chirurgici per correggere i cambiamenti indotti da questi processi – spiega Parodi -. Le modifiche provocate dal passare del tempo interessano in maniera differente ma correlata le diverse strutture anatomiche del nostro viso: ciò che accade ai tessuti del viso non è solamente un cambiamento della posizione, ma anche una perdita o un aumento del volume nelle diverse parti del volto”.
“Abbiamo coinvolto nello studio 80 persone 40 uomini e 40 donne – specifica Zingaretti -. Requisiti necessari erano che non avessero subito trattamenti estetici o ricostruttivi.
A loro abbiamo chiesto di procurarci delle foto tessere, che garantiscono una maggiore uniformità delle immagini, a diverse età della vita. Abbiamo poi confrontato le foto attraverso un software che ha analizzato i punti anatomici. Con il passare del tempo la porzione mediale del sopracciglio tende ad alzarsi, si accentuano le rughe frontali, diminuisce la larghezza della rima palpebrale, si sposta medialmente il punto più alto della palpebra superiore e aumenta il solco naso-jugale, cioè quello sotto la palpebra inferiore. Mentre negli uomini ritroviamo più frequentemente la dermatocalasi della palpebra superiore e inferiore (le cosiddette ‘borse’) e l’allungamento della palpebra inferiore, nel sesso femminile appare più presente la ptosi, cioè l’abbassamento, palpebrale e si sposta maggiormente verso il basso l’angolo laterale dell’occhio”.
La ricerca della clinica friulana – unica nel suo genere a livello mondiale – ha così confermato la stretta relazione tra i cambiamenti che colpiscono la palpebra superiore e i cambiamenti riflessi interessanti il sopracciglio. Pertanto la regione palpebrale e sopraccigliare devono essere considerati un tutt’uno per quanto concerne le dinamiche di invecchiamento e, di conseguenza, le loro strategie di ringiovanimento. Lo studio proseguirà in fasi successive, attraverso la valutazione di come sia fattori esogeni (ad esempio fumo, esposizione a raggi ultravioletti) che fattori endogeni (genetica, dieta) possano avere un ruolo su tale processo di invecchiamento.
La ricerca della clinica friulana è unica nel suo genere a livello mondiale
La prossima tappa, però, è l’America: dal 28 settembre al 1 ottobre si svolgerà a Chicago il congresso della Società americana di chirurgia plastica (American Society of Plastic Surgery – ASPS). Con la partecipazione di oltre 10.000 iscritti è il più importante avvenimento scientifico a livello mondiale per gli specialisti di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica. Proprio davanti a questa prestigiosa platea quest’anno, per la prima volta, i medici della clinica dell’università di Udine, assieme ad altri cinque gruppi, rappresenteranno il nostro Paese.
Dopo il congresso, Zingaretti sarà per un mese a Seoul e poi cercherà di definire la sua posizione lavorativa in Italia. “Non posso affrontare questo lavoro senza passione, senza curiosità, senza entusiasmo, altrimenti non riuscirei a portare avanti la clinica e la ricerca contemporaneamente – racconta -. Spesso, dopo 10, 12 ore di lavoro in reparto, la sera non esco e mi dedico alla ricerca. Per me non si tratta di sacrifici: è la mia vita. Però non è semplice riuscire a lavorare nell’ambito che mi interessa. Spero di restare a Udine, di continuare a collaborare con questo gruppo affiatato e motivato, di portare avanti gli studi che abbiamo iniziato, ma so che devo prendere in considerazione anche altre eventualità. Non do nulla per scontato. Nel frattempo, mi impegno al massimo”.