Nasce da una collaborazione tra l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) e l’Università di Udine un nuovo metodo scientifico per identificare, sulla base di dati ambientali, le zone a maggior rischio di legionellosi, malattia causata da un patogeno emergente che in certe condizioni può causare gravi forme di polmonite.
Il metodo sviluppato in regione, frutto della consolidata collaborazione tra l’Università degli Studi di Udine e Arpa Fvg, ha suscitato grande interesse nella comunità scientifica ed è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Plos One. Lo studio scientifico consente per la prima volta di mettere a punto un metodo epidemiologico predittivo, basato sui dati ambientali, utilizzabile dalle autorità sanitarie per ottimizzare l’attività di monitoraggio della Legionella pneumophila sul territorio regionale, grazie alla possibilità di identificare in anticipo le zone a maggior rischio di sviluppo di focolai infettivi.
Zone più colpite
Il lavoro parte da molto lontano. Il Laboratorio alimenti e microbiologia di Arpa è infatti riconosciuto dal Ministero della Salute come centro di riferimento regionale per le indagini e il monitoraggio della Legionella pneumophila. A partire dal 2002, il laboratorio ha analizzato oltre 20mila campioni di acque sanitarie, prelevati nell’ambito di circa 4mila campionamenti ambientali.
L’analisi di questi dati storici ha permesso di evidenziare nel territorio regionale le zone dove si sono verificati picchi di concentrazione di legionella nel periodo 2002-2017, consentendo quindi di mettere a punto il metodo predittivo e di validarlo.
L’incidenza della legionellosi è in aumento a livello mondiale (e anche in Italia) negli ultimi trent’anni. Nello specifico, i casi di legionellosi in Italia sono saliti dai 79 del 1997 ai 2.014 del 2017, e nello stesso arco temporale il tasso di incidenza della patologia nella popolazione italiana ha seguito un trend di crescita che ha raggiunto i 33,2 casi per milione di abitanti (5). La situazione in Friuli Venezia Giulia è in linea con il dato nazionale.
Casi in aumento
Le cause vanno ricercate nel cambiamento dello stile di vita e della demografia nelle popolazioni. L’invecchiamento della popolazione mondiale, la diffusione degli impianti di condizionamento, la diffusione dei centri benessere e delle residenze per gli anziani sono tra le cause della diffusione della patologia. Anche i miglioramenti nelle metodologie diagnostiche e la maggiore sensibilità degli enti preposti al controllo sanitario hanno influito nell’aumento dei casi di legionellosi accertati.
Bisogna inoltre considerare che quando la Legionella pneumophila ha colonizzato un ambiente antropico (per esempio un impianto idrico) è molto difficile da eradicare con i comuni procedimenti di sanificazione, come per esempio la clorazione o il trattamento termico dell’acqua.
Gli impianti di condizionamento sono i principali imputati
La Legionella pneumophila è normalmente presente, in concentrazioni molto basse e non pericolose per la salute dell’uomo, in tutti gli ambienti acquatici.
Il problema sussiste quando il batterio colonizza gli habitat antropici (per esempio impianti di condizionamento e impianti di distribuzione di acqua potabile) e si moltiplica in essi, raggiungendo elevate concentrazioni che possono provocare la malattia, specie in individui a rischio (persone anziane e immunodepressi), qualora venga inalato un aerosol contaminato. Non sono al momento noti casi di trasmissione della legionellosi da uomo a uomo.
L’invecchiamento della popolazione mondiale, la diffusione degli impianti di condizionamento, la diffusione dei centri benessere e delle residenze per gli anziani sono tra le cause della diffusione della patologia. Anche i miglioramenti nelle metodologie diagnostiche e la maggiore sensibilità degli enti preposti al controllo sanitario hanno influito nell’aumento dei casi di legionellosi accertati.