I tumori dell’ovaio sono una patologia assai frequente, la cui gestione clinica ha rappresentato per anni un delicato problema per la difficoltà di porre una diagnosi precisa. Di norma, per non incorrere nel rischio di trasformazione maligna, rottura o torsione, la donna con cisti ovarica era sottoposta di default a chirurgia anche quando la massa appariva benigna.
Oggi questa tendenza sta cambiando. Ove possibile, si opta per la gestione conservativa delle cisti, che vengono monitorate in ecografia a intervalli regolari nel caso in cui possiedano determinati “criteri di benignità”. Tali criteri sono stati stabiliti dal Consensus Iota (International Ovarian Tumor Analysis), gruppo internazionale di ricercatori nato nel 1998 che ha appena concluso un’indagine in cui si conferma la validità dell’approccio ecografico. Del gruppo Iota fa parte, dal 2013, anche il Burlo Garofolo di Trieste.
“Questo studio può essere considerato una pietra miliare per la futura gestione conservativa delle neoformazioni ovariche”, spiega Francesca Buonomo, dirigente medico al Burlo Garofolo, responsabile dell’ecografia ginecologica di II livello. “Grazie a una casistica amplissima e unica – oltre 8500 donne reclutate nell’indagine e monitorate costantemente per due anni – è stato possibile confermare che i criteri ecografici stabiliti dal gruppo Iota definiscono davvero con altissima precisione la natura maligna o benigna delle cisti.” Ciò consente di indirizzare la paziente verso l’approccio conservativo basato sul monitoraggio ecografico nel tempo, risparmiando un intervento chirurgico invasivo.
I risultati dello studio Iota5 sono stati da poco pubblicati sulla rivista The Lancet Oncology. Lo studio – che ha coinvolto 36 centri di 14 paesi in Europa e negli Stati Uniti – analizza i dati raccolti nei primi due anni di una ricerca iniziata nel 2012, e che è ancora in corso.
“L’opzione non chirurgica è confermata in circa il 70% delle pazienti,” conferma Buonomo. “Emerge anche una percentuale di complicanze molto bassa, soprattutto se confrontata con quelle spesso associate all’intervento chirurgico. Lo studio prosegue, e tra qualche anno si definirà meglio la fattibilità di questo percorso che al momento appare molto promettente”.
La gestione delle cisti ovariche è un problema clinico importante. Ogni anno in Europa sono diagnosticati circa 65.000 casi, dei quali quasi 5.000 in Italia. L’aspetto critico, tuttavia, è dato dal fatto che a fronte di un’incidenza relativamente bassa il tumore ovarico mostra un’alta mortalità, colpendo donne di tutte le età con maggiore frequenza tra i 50 e i 65 anni.
“Dal 2013 il nostro team del Burlo si è specializzato nello studio di queste lesioni: ci siamo fatti apprezzare per il rigore e la precisione con cui conduciamo le analisi e siamo stati accolti nel gruppo Iota”, spiega Buonomo, che fa parte dell’équipe del professor Giuseppe Ricci, direttore della struttura complessa universitaria clinica ostetrica e ginecologica.
“Le nostre competenze sono emerse in varie fasi: dalla scelta di chi avviare alla procedura conservativa piuttosto che alla chirurgia, all’invio dei casi al centro coordinatore situato in Belgio, diretto dal professor Timmerman”. I risultati si devono anche alla dotazione di cui il Burlo Garofolo dispone per le indagini: un ecografo di ultima generazione donato dalla Fondazione CRTrieste.
Quali sono i vantaggi dell’approccio conservativo? “Per la donna meno complicanze chirurgiche talora anche potenzialmente serie, minor rischio di infezioni e meno stress psicologico. Per il sistema sanitario costi minori nella gestione dei casi che si rivelano negativi, minore congestione delle sale operatorie e più risorse effettivamente disponibili per i casi realmente maligni che necessitano di rimozione chirurgica”, dice Buonomo.
Va ricordato come il Burlo non sia l’unico centro in Italia a occuparsi di questo problema. Dei 34 centri coinvolti nello studio Iota fanno parte anche: il capofila Policlinico Gemelli di Roma, Irccs, Università Cattolica del Sacro Cuore guidato dalla professoressa Antonia Testa, membro del direttivo di Iota fin dalle origini nel 1998 e parte dell’équipe del professor Giovanni Scambia; l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano; l’Istituto Nazionale dei tumori di Milano, il Luigi Sacco di Milano, il San Gerardo di Monza, le Università di Firenze e di Cagliari.
CONCLUSIONE. Lo studio Iota 5, in sintesi, giunge a una conclusione importante: la bassissima percentuale di complicanze registrata durante gli anni di indagini suggerisce che la gestione conservativa delle cisti ovariche dall’aspetto benigno in ecografia diagnostica è una buona pratica, che si rivela assai più efficace degli approcci adottati in precedenza.