Le donne di Monfalcone che risiedono in un raggio di 3 km dalla centrale elettrica hanno un rischio di infarto al miocardio dalle 3 alle 4 volte superiore alla norma. Il numero diminuisce allontanandosi, per cui le donne che risiedono nel Basso Isontino, ma anche nei comuni di Duino Aurisina, Aquileia, Fiumicello, Sagrado e Savogna il rischio rimane due volte superiore alla norma. Causa dell’elevata incidenza l’inquinamento atmosferico e in particolare l’elevato livello di Pm10. Sono dati impressionanti quelli che si ritrovano nella seconda parte dello studio epidemiologico-ambientale condotto dal Cnr, resi noti lunedì 5 dal sindaco di Monfalcone Anna Cisint, assieme agli assessori Sabina Cauci e Sebastiano Callari, che certificano come in dieci anni, ovvero dal 2004 al 2013, durante cui sono stati analizzati casi di infarto in 14 comuni, sia quelli del Basso Isontino, più i 5 già citati, e confrontati con gli altri comuni della provincia di Gorizia, oltre ai comuni della provincia di Udine e Pordenone. I risultati? Su 653 casi di infarto del miocardio attesi per le donne, ne siano stati osservati 852, ovvero 199 in più, pari al 30% in più. Numeri che purtroppo sono confermati e peggiori anche nei casi di mortalità per infarto: su 659 attesi, ne sono stati confermati 973, 314 in più (+48%). Per gli uomini le percentuali scendono ma restano preoccupanti: i casi di infarto attesi erano 791, ne sono stati osservati 869, cioè 78 in più pari al 10%; per la mortalità da infarto erano attesi 615 casi, confermato 725, 110 in più, pari al 18%. Sommando i casi di mortalità in tutto ci sono 424 casi in più. Lo studio ha analizzato oltre alle pm10, anche la presenza di No2, So2, ozono, attestando che i casi sono aumentati quando le donne sono state esposte nei giorni precedenti all’infarto a valori di Pm10 superiori ai 50microgrammi per metro cubo.
“I numeri più significativi sono stati osservati per Monfalcone, ciò vuol dire che a Monfalcone c’è l’elemento che fa, purtroppo, la differenza. Anche se al momento non si sa quale sia l’elemento delle Pm10 che provoca l’infarto”. A sottolinearlo proprio l’assessore Sabina Cauci. Resta il fatto che sul nostro territorio ci sono stati meno sforamenti dei limiti di Pm10 rispetto ad altre zone come Porcia e Pordenone, eppure là non si sono registrati casi di infarto in eccesso. Si deduce quindi che è la specificità della composizione delle Pm10 di Monfalcone ad avere rilevanza pericolosa” ha detto Cauci, spiegando che il Cnr nel 2016 ha studiato gli effetti di una serie di giornate (dal 25 gennaio al 6 febbraio) in sono stati superati i 50 microgrammi, osservando anche dei picchi di cadmio, arsenico e carbonio elementare che ha superato la soglia di 1 microgrammo per metro cubo, segno di aria inquinata.
Sotto accusa pur senza nominarla, la centrale termoelettrica. E sempre Cauci, a sostegno di ciò, ha ricordato che nel settembre 2016 è stato pubblicato uno studio su una rivista specializzata “di altà credibilità” in cui sono state esaminate 75mila donne asiatiche che mai avevano fumato, ma che usavano carbone per uso domestico (cucina e riscaldamento) nelle quali era stato accertato un aumento di mortalità per infarto pari all’80%, per cancro, 14%, e per altre cause,12%. “La mortalità quindi aumenta con l’esposizione al carbone, ed è un fatto riscontrato anche a Vado Ligure dove c’è una centrale come la nostra: in 8 anni sono stati riscontrati 300 morti per malattie cardiovascolari. Una situazione speculare alla nostra, anche nei numeri: se infatti valutiamo i nostri decessi per 8 anni invece che per 10 arriviamo a 300”.
“Ogni giorno in più che passa e in cui i nostri figli respirano polveri sottili, è un giorno in più di possibili danni alla loro salute. La nostra responsabilità politica – ha ribadito il sindaco, Anna Cisint – riguarda anche la salute delle persone ed è per questo che continueremo a lottare e presenteremo un documento alla Procura in cui riporteremo i drammatici dati che abbiamo avuto”. E ha legato a questo e alle morti delle donne per infarto anche il fatto che “non è più tollerabile che in una condizione tale il nostro ospedale non abbia un’unità coronarica. Chi dice che ci sono motivi tecnici per togliere questa unità, non dice il vero perché i motivi tecnici non ci sono” ha continuato, riferendosi alle intenzioni della Regione di togliere l’unità dal San Polo.
“L’unità coronarica a Monfalcone: è una questione di sicurezza. Monfalcone è baricentrica rispetto a Trieste e ciò è fondamentale per tutte le acuzie tempo dipendenti. Se la questione, come dice l’assessore regionale Telesca, è tecnica invito gli esperti (medici, infermieri, professionisti) a dire a voce alta la loro. A noi sembra invece un approccio squisitamente politico, che non accetteremo. I ricoveri nella nostra Unità coronarica di emergenza dicono che con i soli 10 letti attuali facciamo numero più alti della provincia di Gorizia e della regione” ha aggiunto, rivelando l’intenzione di promuovere, entro la metà di giugno, un incontro con le amministrazioni vicine sul tema della gravità complessiva della situazione dei temi sanitari, “perché vogliamo far capire alla Regione che è essenziale che a San Polo ci sia il reparto di emergenza e l’unità coronarica”. Ed è stato l’assessore Callari a chiarire che “non possiamo accettare che Monfalcone resti senza unità coronarica. Siamo pronti al confronto, ma non ad accettare che Monfalcone sia depredata. Non è una scelta tecnica e non lo può essere e se qualcuno lo sostiene non è intellettualmente onesto. Siamo pronti a tutte le azioni amministrative e sanitarie perché la sicurezza del nostro territorio non venga toccata”. “Personalmente – ha detto – vigilerò su quello che faranno e sarà pronto anche a denunciare la mia azienda (Callari è primario di urologia a Gorizia): un’area di emergenza non può mai essere riorganizzata proprio perché deve rispondere alle emergenze”.
La Regione, dal canto suo, ha organizzato per mercoledì 7 una giornata di studio sulla salute dei cittadini monfalconesi, anticipata nei tempi dai dati forniti dal comune di Monfalcone. “Proprio per facilitare il confronto e l’approfondimento abbiamo ritenuto di inviare l’indagine prima di mercoledì ai principali portatori di interesse, in primis il Comune di Monfalcone”, indica l’assessore regionale Sara Vito. Riferendosi ad indiscrezioni secondo le quali la sindaco Cisint abbia voluto anticipare, in una conferenza stampa, alcuni dei contenuti di quello studio, Vito ha definito questa iniziativa “inelegante e a dir poco istituzionalmente scorretta, evidentemente motivata dalla sola volontà di voler esternare in anticipo le sue valutazioni”. “Poiché l’incontro di mercoledì sarà aperto al pubblico, auspicando una larga partecipazione, credo che la gente – afferma Vito – abbia tutto il diritto di apprendere dagli stessi esperti, e in particolare dal professor Barbone, gli esiti di quell’indagine”. “Volerle anticipare a tutti i costi rientra in una logica che ritengo di ansia comunicativa, quasi che Cisint si senta non prima cittadina ma ancora impegnata in una competizione elettorale. Non si gioca sulla salute”.