Chi ha imparato a suonare – o almeno a strimpellare – la sei corde, conoscerà le mille versioni di Chitarristi in 24 ore, libretto grazie al quale un certo Paul Kent si è guadagnato l’immortalità (oltre, immaginiamo, a cospicue royalties) anche tra coloro che non sanno ‘leggere’ la musica sullo spartito. Pochi sanno, invece, che uno dei nomi più importanti della storia della musica, Fryderyk Chopin, ha inventato quasi due secoli fa un metodo simile nel concetto, ma per i pianisti.
L’elemento caratterizzante sta nel fatto che l’insegnamento non passa attraverso pagine di note, ma semplici serie numeriche. I numeri rappresentano le dita e le posizioni in cui vanno collocate sui tasti d’avorio: usando la concatenazione di numeri che si possono dedurre, una volta compreso il meccanismo è possibile ricavare una serie di esercizi mirati al pianoforte, pratici e facilmente memorizzabili, quasi automatici.
A riportare alla luce dall’oblio questo originale metodo è stato il friulano Francesco Gioia ([email protected]), direttore d’orchestra pluripremiato e dal curriculum ricchissimo. Tra i suoi lavori, la direzione dell’Orchestra del Teatro dal Verme di Milano nell’esecuzione dell’ottava sinfonia di Beethoven, quella di tre sinfonie di Brahms con l’Orchestra ‘Rossini’ di Pesaro e moltissime collaborazioni con ensemble nazionali ed europei. Autore di brani di classica, leggera e di arrangiamenti per organico vario, fondatore e direttore dell’orchestra AUDiMuS, è anche co-organizzatore del festival Ottoni a Nordest, oltre che direttore artistico di numerose stagioni musicali.
Nelle vesti di insegnante di musica, ha conosciuto la validità del metodo grazie al compianto Giovanni Canciani, apprezzato compositore (autore anche dell’Inno alla Carnia) scomparso nel 2018, fondatore del museo ‘La mozartina’ di Paularo. A quattro mani, nel 2010 hanno pubblicato per Audax editrice Il metodo Chopin, “una guida all’allenamento delle mani per pianisti ideato da Chopin per sé e i suoi allievi, rivolto a chi impara il piano, o a chi lo insegna ed è curioso di conoscere un approccio diverso da quelli tradizionali”.
Davvero nessuno aveva mai pensato prima di mettere queste idee sulla carta?
“Curiosamente, questo metodo non era mai stato trascritto. Era una tradizione orale, trasmessa da Chopin ai suoi allievi e poi, attraverso una catena, arrivata a Torino negli Anni ‘60. All’epoca, Canciani studiava al Conservatorio del capoluogo piemontese, dove imparò il metodo dal suo insegnante di organo e lo fece suo, usandolo con i suoi studenti per tutta la vita. Quando ci siamo conosciuti, nel 2005, ho avuto l’idea di metterlo per iscritto, e così è stato. La prima pubblicazione è del novembre 2010, e in occasione del decennale ho chiesto all’Audax di ristamparlo per farlo conoscere a tutti gli interessati, anche come ricordo dell’importante eredità del maestro Canciani”.
L’ampia letteratura su Chopin pare ‘snobbare’ questo metodo. Perché?
“Anch’io in effetti mi sono chiesto perché nessuno ci avesse mai pensato. Canciani mi disse di non averne avuto notizie ‘ufficiali’, perché lo stesso Chopin ne parla solo in maniera frammentaria nel suo epistolario. Non c’era però un vero e proprio manuale da consultare”.
Cosa trova nel volume l’esperto, ma anche chi si avvicina al pianoforte?
“Un sistema rapido, efficace e utilizzabile quotidianamente, senza perdere tempo, simile in un certo senso alle tablature per chitarra. Inizialmente lo avevo pensato per i miei studenti, perché spiega come usare le serie numeriche. L’intento è divulgativo e per questo ci sono anche molte foto che mostrano come e dove mettere le mani, ma anche pagine di note per far capire bene col supporto del pentagramma di cosa parliamo”.
Quindi è vero oppure no che si può suonare anche senza saper leggere il pentagramma?
“Questo metodo non vuol dire che si possa fare musica senza leggere le note, ma che si può imparare a muovere le dita senza farlo. E’ un libro di ‘ginnastica per le mani’ che Chopin aveva ideato perché aveva dita lunghe e non molto forti. L’eterna diatriba tra musica improvvisata e scrittura rimarrà immutata, ma ricordiamo sempre che i grandi come Mozart o Beethoven non improvvisavano. Se si vuole suonare Chopin senza leggere le note, è davvero un compito molto difficile”.