La storia locale come metafora del presente è al centro della produzione di Carlo Tolazzi, drammaturgo friulano che dal ’94 a oggi ha portato almeno un testo all’anno sui palchi della regione, e non solo. Partendo dal concetto che “il teatro non serve se è archeologia, ma solo se permette di parlare anche dei tempi moderni”, Tolazzi – docente alla Civica accademia ‘Nico Pepe’ di Udine, scrittore, musicista e molto altro – è noto soprattutto per uno spettacolo uscito dai teatri ed entrato anche nella politica: Cercivento.
Adattamento di una storia vera accaduta a Cercivento il primo luglio 1916, quando il plotone di esecuzione giustiziò quattro soldati – Angelo Massaro, Basilio Matiz, Giovanni Battista Coradazzi e Silvio Ortis – accusati di “rivolta in presenza del nemico” per essersi rifiutati, con tutto il Battaglione ‘Monte Arvenis’, di intraprendere una missione suicida, il testo, tratto dal romanzo Prima che sia giorno (‘Premio Appi’ 2002), raccoglie il sentimento popolare di ingiustizia nella storia di Angelo e Basilio, soldati ‘carne da macello’. Il successo dello spettacolo è arrivato prima a Trieste, con una proposta politica per la riabilitazione dei quattro ‘fusilâz’, in onore dei quali a Cercivento è stato eretto un cippo, e poi in Parlamento, a Roma, dove tutto però si è arenato da qualche anno.
Lo spettacolo torna in scena al ‘Giovanni da Udine’ martedì 25 con una doppia rappresentazione e la produzione Teatro dell’Elfo/ Teatro Club Udine che vede Alessandro Maione e Filippo Quezel al posto degli interpreti storici, Riccardo Maranzana e Massimo Somaglino, anche regista. “Cercivento mi ha messo nei guai – racconta oggi Tolazzi – perché mi sono trovato come un muratore che fa il tetto senza le fondamenta. E’ riuscito benissimo ed è stato importante per il teatro in friulano, oltre ad essere legato a una questione politica che ancora tiene banco. E’ una storia di mancata pietà, mentre il mio esordio vero e proprio, Resurequie, raccontava la pietà popolare che si era ‘inventata’ la resurrezione dei bambini nati morti, solo per il battesimo, per non farli finire all’inferno come affermava Sant’Agostino”.
Di tradizioni popolari e casi che sconfinano con la cronaca, talvolta addirittura anticipandola, Tolazzi si è occupato per il resto della carriera e lo fa ancora: nel 2006 uscì Indemoniate, scritto con Giuliana Musso, un altro episodio ‘rimosso’ di storia friulana, di grande attualità per il tema della malattia mentale. Dal 2008 è iniziato un lungo ciclo sulla Grande guerra, che comprende Portare, Via Cadorna, 17 – Caporetto e Lo stivale sul collo, intervallato da tantissimi altri testi come Tunnel, scritto con Fabio Alessandrini, sul tema della droga nel mondo del calcio: tuttora un successo in Francia. E poi Vipere, il primo e unico testo che Matteo Oleotto, oggi approdato alla Tv nazionale, ha diretto a teatro, Amìda. Due madri e una fabbrica e Piccola stella senza cielo, fino a Maraveis in sfrese, che ha chiuso l’ultimo Mittelfest.
“Anche l’ultimo lavoro che ho scritto – conclude Tolazzi – è legato alla guerra: parliamo delle donne che dopo Caporetto sono state vittima di violenza da parte dell’esercito austrotedesco e dei cosiddetti ‘figli del nemico’, per i quali era stato creato un orfanotrofio a Portogruaro.
Tutto sarebbe stato più difficile senza il successo di Cercivento, questo è sicuro. Primo o poi la riabilitazione dei fusilâz arriverà, e in quel momento forse perderà di fascino: fino ad allora, però, il peso dell’ingiustizia patita sarà ancora forte, perché il teatro è reso attuale dalla storia”.
I ‘fusilâz’ ancora in attesa
La storia vera di un episodio della Grande guerra arrivato in Parlamento. Carlo Tolazzi: “Un’ingiustizia che pesa ancora”
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