Tra le conseguenze negative del periodo di pandemia che stiamo vivendo ce ne sono alcune che hanno influito – e continueranno a influire per molto tempo – non soltanto sul nostro organismo, ma anche sulla nostra serenità e sul nostro equilibrio psichico. Tra le prime imputate, la paura incondizionata del contagio, le preoccupazioni per il presente e il futuro e la riduzione della libertà di movimento provata durante le lunghe settimane di lockdown. Le restrizioni sono state certamente necessarie per contenere il contagio, tuttavia l’isolamento ha indotto nella popolazione comportamenti negativi per la salute (fumo, alimentazione eccessivamente calorica, scarsa attività fisica, “iperconnessione”, gioco d’azzardo online, abuso di farmaci).
In tutto ciò è sicuramente aumentato il consumo di bevande alcoliche che, pur nella drastica chiusura di bar, ristoranti e riti della movida, ha fatto registrare, nei canali di vendita online e di home delivery, incrementi da record stimati tra il 181% e il 250%. L’isolamento ha portato quindi a un incremento di consumo incontrollato, anche favorito da aperitivi digitali sulle chat e sui social.
Secondo i dati del sistema di sorveglianza Passi dell’Istituto superiore di sanità, che fotografa il fenomeno nel corso degli anni, il consumo di alcol a ri schio resta comunque una prerogativa delle classi socialmente più avvantaggiate, residenti nel Nord Italia ed è maggiore fra gli uomini. Più nel dettaglio, nel periodo pandemico ben il 17% delle persone ammette di aver ecceduto nel consumo di alcol aggravando i rischi per la salute, per quantità e modalità di assunzione: il 3% ha superato le soglie di consumo medio giornaliero indicate dalle linee guida internazionali; l’8% è risultato un binge drinker e un altro 9% ha consumato prevalentemente alcol fuori pasto.
Secondo Passi, la situazione del Fvg si conferma una delle peggiori a livello italiano. I consumatori di vino, aperitivi alcolici e super alcolici sono più numerosi che a livello nazionale. Nella nostra regione il 79% degli uomini e il 63% delle donne consuma abitualmente almeno una bevanda alcolica. Ciò significa che maschi e femmine superano il dato medio italiano per l’assunzione di aperitivi alcolici e super alcolici, mentre le sole donne sono le maggiori consumatrici a livello nazionale di vino e birra.
Per quanto riguarda l’analisi delle modalità di assunzione e dei comportamenti a rischio, per gli uomini si osservano valori superiori alla media italiana di tutti gli indicatori considerati, mentre per le donne il record è solo quello relativo al consumo fuori pasto.
Spesso di dice che l’alcol è un ‘killer silenzioso’ perché ci mette del tempo a intaccare un organismo in maniera irreversibile e maschera bene i suoi danni, soprattutto all’inizio, il che porta a sottovalutare i reali rischi alcol collegati. I dati degli accessi ai Pronto soccorso del Fvg, però, rivelano l’impatto che l’abuso può avere sui singoli: nel 2019, sono stati 1.817 (492 di femmine e 1.325 di maschi) gli accessi nei reparti d’emergenza con diagnosi totalmente attribuibili all’alcol.
“Stiamo attenti anche alle conseguenze a medio termine”
“I cambiamenti che abbiamo osservato nel consumo di alcol durante i difficili anni della pandemia probabilmente avranno conseguenze con effetti che si protrarranno per anni”. Il commento di Enrico Moratti, direttore del Dipartimento delle dipendenze dell’Azienda sanitaria di Udine, sposta l’attenzione dal presente al prossimo futuro.
“E’ innegabile – sottolinea – che il periodo Covid abbia creato disagio nella popolazione. Una situazione che si è manifestata in diverse forme, anche striscianti, in ognuno di noi. Certamente non c’è nessuno che non abbia avvertito il peso, direi quasi l’oppressione della situazione contingente. Isolamento, preoccupazione, paura, ansia sono stati comuni un po’ a tutti. Ma, con il protrarsi dell’emergenza sanitaria, la situazione si è fatta sempre più complessa, sfaccettata e si vanno progressivamente osservando forme sempre più articolate di manifestazione di questo disagio. E l’abuso di alcol è solo una di queste forme, che sempre più spesso si combina ad altre dipendenze, da sostanze psicotrope o da gioco d’azzardo online, per esempio, oppure si abbina a depressione, violenza, autolesionismo Non dimentichiamo poi che nel tempo l’alcol indebolisce il sistema immunitario per cui, indipendentemente dalla quantità assunta, chi ha una problematica alcol-correlata è di per sé più vulnerabile al contagio da Covid”.
“Nel 2020 e nel 2021 si è osservato un aumento del consumo domestico di alcol, ovviamente, anche in risposta alla pressione, però i dati vanno guardati anche con una certa distanza e a oggi non è possibile dire se davvero l’incremento documentato di consumo di alcol durante i lockdown sia una tendenza stabile o meno. Di certo – spiega Moratti – c’è il fatto che molti pazienti in trattamento hanno subito delle ricadute nell’alcolismo proprio durante il confinamento. Si è trattato di un periodo che ha messo a dura prova la resistenza anche di chi stava compiendo un percorso terapeutico per uscire dalla dipendenza”.
Anche le strutture sanitarie e volontarie che supportano gli alcolisti in trattamento hanno subito ripercussioni dal lockdown. “Durante la primavera 2020 abbiamo dovuto sospendere i trattamenti in presenza. Anche i gruppi di sostegno o quelli di automutuo-aiuto non hanno più potuto operare. E’ uno dei motivi che hanno portato molti pazienti a ricadere nella dipendenza. In un anno il nostro dipartimento segue circa 400 alcolisti in trattamento, cui si aggiungono i circa 250 soggetti trovati sotto l’effetto di alcol al volante. Le conseguenze dell’interruzione del servizio si possono facilmente intuire. Per fortuna siamo riusciti a riprendere presto la nostra attività e a continuare a gestirla, adattandola ai numeri del contagio. Tutti ci auguriamo che l’emergenza sanitaria termini il prima possibile, ma questo è anche il tempo per preprarci a gestire le conseguenza a medio e lungo termine della reclusione da pandemia”.