In piena seconda ondata di pandemia ci troviamo di nuovo alle prese con i numeri – sconfortanti e tragici – che raccontano il diffondersi e l’evoluzione del Covid. Non tutti, però, siamo preparati a leggere i dati secchi e spesso nemmeno i media o gli esperti ci aiutano a comprendere il fenomeno. Tra le obiezioni più frequenti, sollevate non solo dai negazionisti, ma anche dagli scettici, da coloro, cioè, che al virus e all’epidemia ci credono poco o niente, c’è quella che il conteggio dei morti causati dal Covid sia arbitrario, che in questi mesi si sia attribuita a questa causa una serie di decessi provocati da altre patologie.
Per chiarire questo dubbio, abbiamo intervistato Alessio Fornasin, docente di Demografia del Dipartimento di Scienze economiche e statistiche dell’Università del Friuli.
Quanto c’è di vero nei dubbi di scettici e negazionisti?
“Esistono dei protocolli ben precisi ai quali i medici devono attenersi per indicare la causa di morte di un individuo, in scienza e coscienza. Mi sentirei di escludere che ci sia stata una precisa volontà collettiva di alterare questi protocolli. Di norma, l’Istat produce un documento, ‘Indagine su decessi e cause di morte’, che si basa sulle certificazioni effettuate dai medici, le quali a loro volta sono fatte pervenire agli uffici di Stato civile dei Comuni. In questi mesi di emergenza sanitaria il processo di produzione e di pubblicazione di questi dati è stato accelerato, proprio per disporre di uno strumento ulteriore con il quale valutare e affrontare l’emergenza 2020, ma non è cambiato, per cui i dati sulla mortalità e sulle cause sono validi. Il rischio, semmai, è quello di sottostimare leggermente il numero di morti per Covid”.
Come si leggono questi numeri? Quali informazioni possono fornirci?
“Scorrendo i dati si ottiene e una stima dei decessi dei mesi trascorsi. Confrontando il 2020 con gli anni precedenti, si nota un generale incremento della mortalità, soprattutto se si considera il periodo della prima ondata, quello da febbraio ad aprile, mentre l’andamento è più omogeneo se si considerano periodi più lunghi. In Lombardia il numero dei decessi è triplicato, mentre il Friuli–Venezia Giulia è la regione del Nord Italia dove il Covid ha avuto minore effetto. Nonostante questo, a marzo e aprile i decessi sono generalmente aumentati”.
Come possiamo utilizzare queste cifre per adeguare i nostri comportamenti?
“Innanzitutto possiamo tenerne conto e non rifiutarci di considerarle. I morti, purtroppo, ci sono stati e i nostri comportamenti vanno adeguati per contenere il diffondersi del virus. I cambiamenti di abitudini li stiamo vivendo tutti in prima persona, dalla frequenza con cui ci laviamo le mani agli spostamenti ridotti”.