“A San Daniele c’è crisi. Le famose cosce di prosciutto soffrono il mercato. Ma a Resia un altro tipo di cosce non conosce ombra di crisi!”. Inizia così il duro commento che don Albero Zanier, vicario a Resia, ha affidato all’ultimo bollettino parrocchiale. Che prosegue: “Pochi giorni fa potevamo assistere a una bella carrellata di cosce ben in vista. Ma, ahimè, non di prosciutto Dop. Ma di suadenti e sinuose gambe femminili, che facevano la loro bella comparsa al di sotto di mini (troppo mini) gonne di baldanzose adolescenti nel pieno della loro esuberanza”.
L’immagine del bollettino, rilanciata dal gruppo Facebook Sei di Resia se… ha in breve scatenato il dibattito ed è stata ripresa anche da altre pagine social. I commenti? Abbracciano una vasta gamma di posizioni, da chi difende la necessità di un abbigliamento consono in chiesa a chi, invece, attacca duramente don Alberto. Soprattutto per il paragone tra le gambe delle giovani additate e le cosce di prosciutto.
“Diciamo – prosegue don Alberto nel suo articolo di condanna – che in questa descrizione mi sono lasciato prendere un po’ dallo stile che avrebbe avuto don Carlo nell’affrontare la questione. Venendo a noi, è una grave mancanza di rispetto, sotto tre aspetti”.
Il vicario di Resia elenca, quindi, perché a suo modo di vedere le giovani che si sono presentate a messa in minigonna avrebbero mancato di rispetto verso il loro corpo, verso gli altri ma anche nei confronti del sacerdote.
“Viviamo in una società – spiega don Alberto – così ipocrita che se da un lato condanna il femminicidio, dall’altro esalta la donna come merce di uso e consumo. E la dignità femminile dov’è? E la purezza, il candore, la bellezza di una donna, di una madre, di una sposa dove sono? Certe scene da film Hard – attacca ancora il vicario resiano – sono lesive della dignità della donna stessa che, da un lato denuncia le molestie e dall’altro non si accorge di diventare merce essa stessa. Pio XII diceva che il vestito è importante per abbellire il corpo. E serve anche per tutelare la sfera intima della sessualità”, aggiunge don Alberto. “Mostrare carne al vento a più non posso è una gravissima forma di maleducazione verso chi mi sta vicino perché potrei urtare la sua sensibilità o addirittura provocare la sua sessualità”.
Infine, la figura del sacerdote: “Presentarsi davanti al prete vestiti in un certo modo è un insulto e una provocazione fatta al sacerdote. O non ci ricordiamo che siamo davanti a un ministro di Dio chiamato, oltre che a vivere il celibato, ad annunciare e insegnare la morale cattolica anche in campo sessuale? E cosa ancora più grave non c’è rispetto per Dio! La chiesa – prosegue duro don Alberto – non è una balera p un boudoir. E in tutto questo di chi è la colpa? Delle ragazze? Ma anche no. Delle mamme! Care mamme – conclude – quando le vostre figlie escono di casa vedete come vanno in giro. E come vanno vestite a messa?”.
Un passaggio, questo, che, al pari del paragone con i suini Doc, ha provocato tantissime reazioni.
Le dirette interessate? Hanno affidato il loro commento ai social. “Vorrei chiarire a tutti – spiega una delle ragazze – che non ci siamo sentite offese per la critica in sé, ma per la forma. Il 1 gennaio questo signore avrebbe avuto tutto il tempo per criticarci e per affrontare faccia a faccia la situazione. Si è seduto a tavola con noi a pranzo, ha mangiato e scherzato con noi e avrebbe potuto discutere dell’accaduto in qualunque momento, ma ha preferito scrivere un articolo di due paragrafi alla comunità, insultando noi e le nostre mamme di fronte ai nostri compaesani, vicini di casa, parenti, nonni, amici. E ciò che è più grave è che nell’articolo incriminato non solo veniamo paragonate a dei ‘maiali’. No. Nell’articolo si legge tra le righe in modo molto chiaro che il femminicidio è anche risultato della donna che si rende merce, che noi indossando una gonna abbiamo provocato sessualmente gli uomini presenti e il parroco stesso. Questo, purtroppo, è poco sottolineato negli articoli di oggi. E la colpa di tutto questo? Delle mamme naturalmente”.
“Ora – prosegue la giovane – voglio mettere in chiaro che non mi sono assolutamente offesa per la critica, anche se, guardando le foto, non vedo queste cosce scandalose tanto chiacchierate. Mi sono offesa perché sono stata incolpata di essere donna. Sono stata umiliata insieme alle mie compagne, alle loro mamme e alla mia mamma di fronte a tutta la comunità. Perché se gli uomini si eccitano, se commettono violenze o addirittura omicidi è colpa nostra e delle nostre gambe. Ma caro don Alberto, queste gambe me le ha donate il suo Dio, e il Dio di cui mi hanno tanto raccontato sono certa che non si sentirebbe offeso a vedere mezzo ginocchio scoperto da una gonna (coperto inoltre da calze nere). Questo fine settimana sarebbe potuto uscire un bel articolo riguardante la tradizione della coscrizione, che unisce giovani e meno giovani di tutta la valle ormai da secoli. Invece, una bella giornata che doveva essere ricordata per il suo significato sarà ricordata per il suo atteggiamento offensivo. Ringrazio chi ci ha difeso in questi giorni dalla critica e spero che chi ha frainteso, possa capire la gravità della cosa, al di fuori della carne al vento”, conclude la giovane resiana.