Migliaia di chilometri nelle scarpe e negli zaini di ognuno, per fame di conoscenza e anche di avventura, per poi fermarsi in Carnia, in alta Val Tagliamento, alle pendici dei Monfalconi di Forni. È questa la storia originale (ma per questa generazione neppure così tanto) di tre trentenni che da quest’anno hanno preso in gestione in rifugio Giaf. Pronti ad aprire non appena le normative anti-Covid lo permetteranno, si spera il 1° giugno.
STORIE PARALLELE – Il primo ad aver colto l’occasione del rinnovo dell’attività di questa struttura a 1.400 metri di altitudine in comune di Forni di Sopra, è stato Tommaso Lizzi, 35 anni, cresciuto tra Fagagna e le montagne carniche. Nel 2012 aveva mollato tutto ed era partito per un viaggio senza data di ritorno in Nuova Zelanda. Da lì poi l’Australia, il Canada, sempre alla ricerca di una natura selvaggia. Poi, il ritorno in Friuli e l’avvio di questa nuova ‘avventura’. A lui si sono ora uniti due amici. Alessandro Puntoriero, 34 anni, si presenta così: “Sono stato spettatore di migliaia di film, dischi, libri e musei, ma non ho mai trovato una risposta, anzi, vedevo la mia vita scorrere senza esserne protagonista”. E continua: “Sono nato e cresciuto a Roma – dice Puntoriero – dove ogni singola pietra ha una storia incredibile da raccontare, dove il cuore si riempie di meraviglia camminando tra chiese e musei che hanno educato i miei occhi alla bellezza e dissetato la mia curiosità. E seguendo proprio la mia irrefrenabile curiosità ho iniziato a viaggiare, zaino in spalla, verso il nord del mondo, lungo la costa settentrionale dell’isola di Vancouver, così come nelle foreste pluviali dell’arcipelago della Regina Carlotta, sotto ai ghiacciai dello Yukon e attraverso le distese della Tundra canadese fino al Mar Glaciale Artico nei Territori del Nordovest. Le montagne e la natura mi hanno dato la possibilità di conoscere me stesso, sempre in cerca di qualcosa che mi facesse sentire vivo e ho imparato che i miei compagni di viaggio erano la cosa più preziosa dell’avventura. Insieme a loro ho esplorato grotte inviolate in Italia e Albania ma al termine di ogni viaggio tornavo nella capitale con il cuore pieno di ‘mal d’avventura’. Non potendo tradire me stesso, ho deciso di lasciare il gorgo della vita cittadina per seguire le mie passioni e mi sono innamorato immediatamente del territorio di Forni di Sopra, che mi dà ogni giorno la possibilità di scoprire la bellezza selvaggia delle Dolomiti Friulane. Ho legato con il paese spillando birra al birrificio artigianale Foglie D’Erba, dissetando fornesi e migliaia di turisti. Qui ho conosciuto i miei nuovi amici, tra cui Tommaso Lizzi, la cui affinità è stata immediata per i numerosi viaggi in comune e per il desiderio di vivere e lavorare in mezzo alla natura”.
FILOSOFIA IN CUCINA – Il cuoco del rifugio sarà Marco Politi, 38 anni. “Dopo essermi laureato in filosofia – racconta – ho intrapreso la via culinaria lavorando in alcune realtà ristorative romane dove ho avuto la fortuna di conoscere veri e propri maestri, quasi tutti pazzi. Se dovessi trarre una sintesi direi che ciò che mi ha formato è capire l’importanza in cucina della ‘semplicità come risultato finale’, della naturalità degli ingredienti e, soprattutto, del tipo di attenzione che si dà alle cose. A volte noi cuochi ci facciamo prendere dall’ansia della tecnica perfetta ma la tecnica non è tutto. Si impara tantissimo traendo suggestioni da una chiacchierata con un coltivatore o un allevatore che svolge con amore il proprio mestiere. E un piatto che nasce da questo tipo di incontri deve essere ‘ruvido’ e l’imperfezione sarà la sua dote estetica. A maggior ragione quando viene servito in un rifugio.
“Il desiderio – conclude per tutti Puntoriero – è che il rifugio non sia solo un luogo di passaggio e quindi vorremmo proporre corsi e workshop di varie discipline per far vivere un’esperienza formativa in un luogo unico. Credo che vivere a lungo questi luoghi sia il solo modo per coglierne l’essenza. Non vi chiedo di lasciare la città come me, ma vi auguro di visitare uno dei luoghi più incantevoli e meno antropizzati dell’arco alpino”.