Solenni le esequie celebrate a Gorizia per salutare l’arcivescovo emerito, monsignor Dino De Antoni. Una celebrazione presieduta dall’arcivescovo attuale, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, in una gremita chiesa del Sacro Cuore del capoluogo isontino. Ad accompagnare la santa messa, alla quale hanno preso parte una trentina di vescovi ed arcivescovi di tutto il Triveneto e dell’area mitteleuropea, la cappella metropolitana del Duomo di Gorizia, diretta dal maestro Fulvio Madotto. Canti di tradizione friulana, slovena e italiana hanno accompagnato nell’ultimo viaggio terreno una figura molto amata all’interno della stessa arcidiocesi. Servizio liturgico curato dall’apposito ufficio e sostenuto dalla presenza di numerosi seminaristi del seminario interdiocesano di Castellerio.
“La volontà del Padre è una volontà di amore, di salvezza, di vita, di santificazione, che si realizza attraverso le parole, le opere, la vita e, soprattutto, la morte di Gesù: ‘Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre’. La volontà di Maria, la volontà del Figlio, la volontà del Padre” ha ricordato Redaelli nell’omelia. “Non sembri sproporzionato parlare ora della volontà di monsignor Dino De Antoni, cioè di ciò che ha guidato la sua vita fino agli ultimi giorni. Lo esprime molto bene il motto che aveva scelto per il suo episcopato: ‘Domino servientes’. L’essere quindi un servo di Dio, un umile e affidabile strumento della volontà salvifica del Padre. In questi mesi di sofferenza sono stato colpito ed edificato – e con me tante persone che lo hanno incontrato – non solo dalla fede e dalla serenità con cui mons. Dino ha affrontato la malattia con il suo previsto inesorabile esito, ma dalla sua personale consapevolezza di aver compiuto quanto il Signore gli aveva chiesto a servizio della Chiesa. Una consapevolezza pacifica, serena, riconciliata, senza rimpianti o rimorsi. Una consapevolezza che non si improvvisa, in particolare in momenti di dolorosa prova, ma che si costruisce lungo tutta una vita. Mons. Dino nella sua vita ha fatto la volontà di Dio. Questo è tutto”. “Certo con i limiti e le fragilità di ogni uomo e anche di ogni prete e vescovo, ma mettendo in gioco tutto se stesso, la sua ricca e calda umanità, la sua discreta e squisita attenzione alle persone, la sua profonda saggezza nell’affrontare la vita”, ha proseguito, seppur con la voce rotta dal pianto. “Una volontà che ha progressivamente scoperto seguendo le proposte che via via il Signore, per mezzo della voce della Chiesa, gli ha presentato fino a diventare nostro Arcivescovo. Una volontà che è stata sostenuta dal suo filiale e confidente rapporto con Maria, umile serva del Signore, che mons. Dino ha venerato in particolare a Lourdes condividendo davanti alla grotta in molte occasioni le preghiere e le speranze di tanti sofferenti e ammalati. Una volontà che ha attuato sempre con riconoscenza e con gioia, come di un dono grande e inaspettato. Qualche mese fa mi ha scritto: ‘non avrei mai immaginato figlio di pescatori e proveniente da una piccola diocesi, di aver l’onore e l’onere di servire questa Chiesa gloriosa’. Ora questa gloriosa Chiesa lo affiderà nella preghiera alla misericordia di Dio, sapendo di perdere oggi un padre, ma anche di guadagnare qualcuno che presso il Signore continuerà a pregare per noi e per il nostro cammino di fedeltà al Vangelo in attesa di rivederci tutti nel Regno”.
L’ultimo viaggio, De Antoni lo ha percorso tra le vie del centro goriziano, accompagnato dai confratelli e da numerosissimi fedeli, ma sorretto, soprattutto, dai sacerdoti che lui stesso ha ordinato. Un corteo che si è snodato fino alla Cattedrale di Gorizia, dove la salma è stata tumulata all’interno della cripta degli arcivescovi, assieme agli illustri predecessori. A partecipare al lutto anche il Santo Padre, Papa Francesco, che ha ricordato, in una lettera firmata dal segretario di Stato di Sua Santità, il cardinale Pietro Parolin, di monsignor Dino, “la cordiale umanità e il generoso ministero svolto in diversi incarichi”, impartendo “a vostra eccellenza (monsignor Redaelli, ndr), ai sacerdoti, agli altri vescovi ed ai fedeli tutti come pure ai familiare la confortatrice benedizione apostolica”.
Uomo mite, De Antoni sapeva sempre trovare il modo per mediare le varie posizioni, e trovava in ogni occasione il modo per sdrammatizzare e con un sorriso e una battuta anche i momenti più cupi erano illuminati. Un pastore che ha saputo concretamente entrare nelle anime dei suoi fedeli per comprenderne la particolarità e saperla condividere, così come l’unicità di una diocesi di confine che nella preghiera può contare ben tre lingue e altrettanti dialetti, ma che sa fondersi in un unicum inscindibile.