Carnico doc, come ci tiene a sottolineare, quarant’anni di vita spesa nei ranghi della Polizia di Stato e una particolare preparazione sulle tematiche transfrontaliere. Lorenzo Pillinini ha assunto nel marzo scorso la guida della questura di Gorizia dopo aver ricoperto vari incarichi di prestigio (questore vicario a Udine e a Trieste, dirigente della Polizia di frontiera del Triveneto), lavorando per lungo tempo anche nel Sismi dove ha seguito da vicino alcuni tra gli eventi più importanti della nostra storia recente.
Si è insediato a Gorizia da poco più di un mese: che idea si è fatto della situazione nella sua città?
“Gorizia ha una tradizione di buona amministrazione che parte da lontano. Qui le persone hanno un forte senso civico e se serve chiamano le forze dell’ordine, ben sapendo che ricevono risposte concrete. C’è molta fiducia nel nostro operato. Il mio compito è di non far abbassare questo sentimento”.
Immigrazione clandestina, reati contro la proprietà, traffico di stupefacenti: in quale ordine d’importanza colloca questi tre fenomeni?
“Il problema maggiore è la presenza elevata di immigrati e rifiugiati. Alla gente crea apprensione vedere queste persone girovagare senza fare nulla, perchè abbiamo a che fare con la percezione della sicurezza da parte delle persone. Ecco perché abbiamo intensificato la nostra azione sul territorio con varie pattuglie sempre in movimento. Non abbiamo comunque al momento alcun evidenza di fenomeni criminali collegati ai richiedenti asilo. Dobbiamo anche affrontare il problema dei così detti ‘dublinanti’. Si tratta di stranieri ai quali va applicato il trattato di Dublino, che obbligherebbe il Paese di primo ingresso ad assicurare l’assistenza e ad avviare le pratiche. Molti di loro arrivano da altre nazioni dell’Unione europea che però non hanno rispettato le regole e dobbiamo avviare l’iter per restituirli al Paese dal quale sono arrivati. Quando però parliamo di migranti, è evidente che non si tratta soltanto di un affare riservato alla Polizia, ma un’emergenza che impone la presenza e il lavoro anche di altri protagonisti che si tratti del sistema sanitario o di quello dell’accoglienza. Se non si riesce ad accoglierli in modo adeguato, si rischia poi di avere a che fare davvero con problemi di ordine pubblico. Per quanto invece riguarda le droghe, in particolare quelle leggere, dobbiamo affrontare prima di tutto un problema di carattere culturale, che tende a sottostimare il pericolo che esse rappresentano. In Slovenia l’accesso ad alcuni tipi di sostanze è più facile che in Italia, ma stiamo lavorando assieme ai colleghi sloveni. I reati contro il patrimonio sono oggetto di attenzione, ma al momento il fenomeno è limitato”.
Il tribunale di Gorizia versa in condizioni difficili. Quanto pesa questo fatto sull’operatività delle forze dell’ordine?
“Il tribunale è sotto pressione per le carenze di organico e per il carico di lavoro elevato, in parte legato alle cause sull’amianto. Abbiamo messo a disposizione nostro personale per supportare la Procura, dove stanno facendo un lavoro enorme su una questione che ha grande ripercussione sociale. Non si può non sostenere l’operato dei magistrati”.
Si può immaginare che in futuro le due città possano contare su un sistema interforze di polizia, quasi una sorta di questura unificata?
“E’ auspicabile. Se mettiamo in comune la Sanità, perché non farlo con le forze dell’ordine, tanto più se si tratta di combattere una criminalità per la quale il confine non esiste? A livello europeo si stanno compiendo grandi passi avanti, ma Gorizia e Nova Gorica possono precorrere i tempi diventando un esempio da seguire. Le forze dell’ordine italiane dialogano costantemente con i colleghi di Nova Gorica, tanto che ci sono attività regolamentate da tempo. Si tratta di armonizzare due sistemi normativi a volte molto differenti dove le ipotesi di reato sono diverse, ma il confronto e al collaborazione sono indispensabili”.
Lei ha lavorato anche nelle file dei servizi segreti. Ritiene che la nostra regione possa diventare luogo di transito del terrorismo islamico?
“Siamo sicuramente un territorio di transito e abbiamo ben presente che a poca distanza da noi, in Bosnia, ci sono presenze salafite. Facciamo un lavoro di controllo attento nei confronti di questi elementi. L’attenzione resta alta e c’è un buon livello di preparazione dei nostri uomini. Qui nell’Isontino non si registrano presenze di salafiti degne di nota. Ci sono ‘lavori tecnici’ in corso nei confronti di alcuni soggetti, ma al momento la gente può stare assolutamente tranquilla”.
Lavora nella Polizia di Stato da 40 anni. Com’è cambiata la sua professione e il Friuli nel frattempo?
“La regione è cambiata profondamente perché è mutato il suo tessuto economico divenuto più vitale e ricco, richiamando così immigrati. La Polizia è cambiata adeguandosi alla nuova realtà. Semmai, ciò che non deve cambiare per noi sono i valori etici fondanti, come il rispetto della legalità e il servizio al cittadino. Dobbiamo saper leggere i cambiamenti per restare al passo con i tempi. La gente continua a fidarsi delle forze dell’ordine. Per noi si tratta di una grande responsabilità e continueremo a fare del nostro meglio per difendere la cosa pubblica. Lavorare in una regione come questa, dove il senso civico resta elevato, in ogni caso ci aiuta”.