Ne rimarranno pochissime e solo in punti strategici, come ospedali, caserme, carceri o dove non è garantita la copertura della rete mobile. Stiamo parlando delle vecchie cabine telefoniche, disseminate nei vari angoli di città e paesi, ai lati di una piazza, di una stazione ferroviaria, o di un’edicola oramai chiusa.
A Udine proprio in questi giorni inizierà la dismissione delle 67 cabine presenti. I telefoni pubblici già dall’inizio degli anni 2000 hanno subito un progressivo inutilizzo con l’avvento dei primi cellulari. La capillare diffusione dei dispositivi mobili e le tariffe via via più economiche hanno fatto il resto. Spesso piene di ragnatele, sporche e ricettacolo di batteri, le postazioni Telecom, realizzate in stile anni ’90, si preparano ad uscire di scena dopo aver scritto una pagina di storia del nostro paese.
Lo smantellamento è legato ad una delibera dell’Agcom, la quale stabilisce che Tim, erede della Società Italiana per l’Esercizio Telefonico, non è più obbligata a garantire il servizio pubblico.
A Udine in questi giorni non sono mancati i tentativi per salvare almeno qualche postazione dall’imminente dismissione. C’è chi ha chiesto di riutilizzare alcuni di questi spazi come box per il book sharing, come avviene da una decina di anni ai Rizzi. E chi ironicamente ha proposto di salvarne alcune per lasciare agli aspiranti Superman un separé dove cambiarsi d’abito. Non mancano, poi, i selfie di chi vuole una foto ricordo da mostrare ai futuri nipoti.
Si chiude un’epoca. Quella dei gettoni – prima – e delle tessere telefoniche – poi, del ‘mi ami, quanto mi ami?’ – frase cult di uno spot della Sip -, o di Fantozzi, Calboni e Filini chiusi dentro una cabina dalla quale non riescono più ad uscire. I cari e vecchi telefoni pubblici, però, sono certamente destinati a rimanere nell’immaginario collettivo e forse anche in qualche museo… GUARDA IL SERVIZIO VIDEO
In alto una fotografia realizzata da Simone Mestroni










