L’Enav, l’Ente nazionale assistenza al volo, ha da poco pubblicato il proprio piano industriale per il triennio 2018-22: tra i numerosi punti stilati anche l’inserimento di nuove tecnologie e di un sistema all’avanguardia per il controllo aereo. Ciò, non letto tanto tra le righe, ma esplicitamente nel documento, ha messo in allarme il personale di numerosi aeroporti italiani, anche quello di Ronchi dei Legionari. L’azienda vorrebbe, in sostanza, chiudere la postazione del radar di avvicinamento dello scalo ronchese, che monitora non solo i velivoli che atterrano a Ronchi, ma tutti quelli che sorvolano la nostra regione, per controllarla da remoto tramite, appunto, proprio questa particolare tecnologia. Si tratterebbe, entro il 2019, di trasferire almeno un terzo di quanti vi lavorano all’interno, cioè circa venti controllori, e sei osservatori meteo.
L’Enav gestisce il traffico aereo italiano da quattro poli, vale a dire Roma, Milano, Padova e Brindisi, e quarantacinque torri di controllo dislocate nei vari aeroporti. Entro il 2019 il piano prevede l’accentramento delle funzioni delle varie torri su questi quattro punti per poi passare, nel 2022, ai due soli di Roma e Milano.
L’idea ha immediatamente allarmato le varie torri e da tutta Italia le organizzazioni sindacali Fit-Cisl, Uiltrasporti e Unica hanno preso posizione. Anche a Ronchi, dove le rappresentanze sindacali hanno espresso la loro preoccupazione: “Allo stato attuale tutte le informazioni in nostro possesso sono tre pagine divulgate dall’azienda che lasciano troppo spazio a dubbi e interpretazioni, minando la stabilità e la serenità di tanti nuclei familiari” commentano.
“Siamo controllori del traffico aereo, esperti assistenti al volo e osservatori meteo. Ogni giorno lavoriamo – affermano – per garantire la massima sicurezza possibile. Questo è il nostro obiettivo primario e in questi anni lo abbiamo sempre raggiunto garantendo l’efficienza del sistema e ingenti ricavi per l’azienda. Non capiamo la logica alla base di uno stravolgimento di questo sistema che è stato finora sicuro e anche remunerativo e che comporterebbe un disagio profondo per tutte le lavoratrici e i lavoratori, costretti a sradicare dalla loro casa la propria famiglia e i propri figli.
La centralizzazione forzata di risorse tecnologiche e umane e lo spostamento di conoscenze e capacità, come la delocalizzazione dei servizi di avvicinamento terminale e di torre, porterà necessariamente all’impoverimento dei tessuti economici locali, di zone periferiche e in alcuni casi disagiate”.