E’ stato presentato oggi il quinto rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. L’agroalimentare rappresenta un terreno privilegiato di investimento della malavita con un pericoloso impatto non solo sul tessuto economico ma anche sulla salute dei cittadini e sull’ambiente.
Nel corso della presentazione è stata apparecchiata la “tavola delle cosche” con i prodotti frutto dei business specifici dei piu’ noti clan mafiosi, camorristici e ‘ndranghetisti e un focus particolare è riservato al “caporalato nel piatto”, con l’esposizione degli alimenti più a rischio presenti sugli scaffali dei supermercati.
In relazione al rapporto agromafie illustrato oggi a Roma, le province del Fvg sono tra quelle a impatto più basso del fenomeno. La classifica da 100 a 106 vede infatti nell’ordine Gorizia (100), Pordenone (101), Trieste (102), Udine (103), Aosta, Bolzano e Trento.
L’agromafia risulta essere modesta in Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Molise, oltre che in vaste zone della Toscana, del Piemonte, dell’Abruzzo, dell’Emilia Romagna, della Liguria e del Veneto. Quest’ultimo dato, per quanto positivo e confortante, non fornisce indicazioni né sul grado di vulnerabilità dei suddetti territori all’agromafia né sulle ultime dinamiche di un eventuale principio del fenomeno. Gli attuali livelli di intensità del fenomeno agromafia nelle varie province dipendono ovviamente dalle dinamiche passate e dal grado di ramificazione nel territorio delle organizzazioni criminali. Ciononostante molteplici fattori concorrono alla maggiore o minore proliferazione delle agromafie e, al mutare di detti fattori (quali, ad esempio, le condizioni socio-economiche), le infiltrazioni criminose possono crescere più o meno velocemente, se non addirittura regredire. Tra il 2011 e il 2016 il tasso di crescita medio annuo del fenomeno agromafia è stato, a livello nazionale, pari a 1,0 punti percentuali.