Il Friuli terra di missione? Può diventare vero in breve tempo, se si considera che anche da noi il numero di vocazioni, come in tutta Italia, è in drastico calo e che non è troppo improbabile che i parroci possano arrivare da zone geografiche, come l’Africa o il Sudamerica, dove invece i seminaristi sono in aumento. È quanto sostiene don Emmanuel Runditse, parroco a friulano originario del Burundi.
“Sono arrivato in Friuli 20 anni fa – racconta –, passando dall’Austria, per studiare teologia a Padova e sono stato accolto dalla Diocesi di Udine, dove c’era ancora monsignor Battisti. Sono stato ospitato a Basiliano, dove il parroco, monsignor Giannino Fuccaro, mi ha accolto. Ho servito nelle parrocchie del territorio, a Blessano, Orgnano, Vissandone, ho seguito i cresimandi a Bressa. Nel frattempo ho studiato e nel 1997 mi sono laureato a Padova. Nel 2000 sono stato nominato parroco a Dignano e Vidulis”.
I problemi, soprattutto all’inizio, non sono mancati. “Mi sono trovato davanti a una doppia difficoltà – prosegue don Runditse -. La prima era trovarmi a gestire da solo tre parrocchie, con la necessità che due comunità, abituate ad avere ognuna la propria autonomia e indipendenza, collaborassero a stretto contatto. C’è stato bisogno di superare una visione tradizionale del ruolo e del compito del sacerdote, coinvolgendo i fedeli”.
Il secondo ostacolo da superare ha riguardato un aspetto più personale.
“C’è voluto un po’ di tempo per farsi accettare dalla comunità. Avere di fronte un parroco di colore non è stato semplice per molti fedeli. Le prime volte che mi presentavo alla porta per benedire la casa, qualcuno mi ha scambiato per un ‘vucumprà’. Ma è normale, bisogna anche avere il tempo di abituarsi alle novità. Ad accettarmi per primi sono stati i più giovani: con bambini e ragazzi non ho mai avuto problemi, anzi abbiamo avviato positive attività”.
Dal 1 marzo 2014 don Runditse è parroco di Majano, Susans, Comerzo, San Tomaso, Casasola e Tiveriacco. “Torno in Burundi una volta all’anno – spiega -. A Dignano eravamo riusciti a iniziare dei rapporti di collaborazione con le comunità locali, ma adesso il progetto si è esaurito. Le missioni sono un aspetto fondamentale nella Chiesa di oggi. Ma non escludo che presto la missionarietà prenda anche una direzione contraria a quella tradizionale, portando sacerdoti africani o sudamericani in Europa. Bisogna mettersi a lavorare, però, perché anche nel ‘vecchio’ mondo si continuino a suscitare le vocazioni”.