Cala la popolazione, calano i consumi, ma di certo non calano i rifiuti prodotti. Anzi, la quantità di immondizia prodotta lo scorso anno, dopo la diminuzione registrata nel 2020, è tornata in linea con il periodo precedente e nulla fa immaginare che la tendenza all’aumento si arresti nel 2022.
Per fortuna il riciclo è ormai una realtà consolidata, che fa il paio con la progressiva riduzione della frazione indifferenziata destinata a finire nei termo-valorizzatori, ma si tratta di una magra consolazione. Ormai da anni l’Ue punta apertamente sulla riduzione dei rifiuti, ritenuta necessaria per ridurre gli enormi costi economici e ambientali correlati in nome della così detta economia circolare, ma come al solito siamo in ritardo, soprattutto dal punto di vista culturale.
Lo dimostra quanto accade nelle isole di raccolta presenti nei vari Comuni. E’ bastato scambiare qualche chiacchiera con un addetto per scoprire che spesso la gente getta non soltanto oggetti ormai inservibili, ma pure materiale perfettamente funzionante, anche se datato. Anzi, a volte si getta via materiale tutt’altro che da scartare. Capita così che un frigorifero venga portato in ecopiazzola solo perché non si accende, salvo poi scoprire che era semplicemente da cambiare la spina, o che a un grande televisore al plasma bastasse un alimentatore nuovo di poche decine di euro. Insomma, buttiamo via tutto senza badare troppo al sottile.
“Inutile finanziare la costruzione di Case del riuso (strutture nelle quali portare il materiale ancora buono) – dice chiaramente Sandro Cargnelutti – presidente di Legambiente Fvg, se poi non si creano le condizioni per farli funzionare, come sta avvenendo in questa regione dove è mancata totalmente un’attività di pianificazione”.
Ovviamente, fin quando le Case del riuso non funzionano (quelle aperte si contano sulle dita di una mano), chi ha materiale datato ma ancora utile e non può darlo a chi ne ha bisogno, semplicemente lo getta.
A un passo da noi cambia tutto
Nella vicina Austria i Repair Cafè sono ormai una realtà consolidata: nel fine settimana, ospitati nei centri commerciali o in altri spazi, si ritrovano tecnici in pensione pronti a riparare la gran parte dei piccoli elettrodomestici (e non soltanto) che altrimenti finirebbero in discarica. Basta portare ciò che non funziona e dopo una breve verifica posso dire immediatamente se sia riparabile o meno e fare rapidamente la riparazione se di poco conto. La gente lo sa bene e prima di disparsi di un oggetto fa visita al Repair Cafè, progetto per altro sostenuto dall’Ue. E da noi? Poco, anzi quasi nulla. Questa pratica diffusa appena oltre confine da noi è praticamente sconosciuta.