Sempre più aziende non ce la fanno a pagare i contributi previdenziali per i loro dipendenti. Anche questo è un segnale drammatico della crisi economica. Nell’ultimo anno, infatti, il numero di imprese che non hanno versato all’Inps la quota a loro carico è cresciuto del 46%, passando da 2.415 casi del 2011 a 3.525.
Il fatto che le stesse paghino, comunque, gli stipendi mete in evidenza come il fenomeno sia legato alla mancanza di liquidità delle aziende, più che alla loro malafede. In una logica di ‘male minore’, così, decidono di non adempiere l’obbligo che prevede conseguenze meno severe.
Parziale evasione
“È in deciso aumento il numero di datori di lavoro che versano soltanto la quota contributiva a carico del lavoratore stesso – spiega il direttore della sede Inps del Friuli Venezia Giulia, Rocco Lauria – mentre non pagano il resto della contribuzione”.
Il motivo del pagamento soltanto parziale è semplice: il caso di pagamento regolare dello stipendio al lavoratore, ma senza versare all’ente previdenziale le trattenute riportate in busta paga è un reato penale. Non versando, invece, la propria quota si va incontro ‘soltanto’ a sanzioni amministrative. Cosa succede, quindi, quando questo accade?
“Prima di tutto comunichiamo all’azienda inadempiente un avviso bonario ponendo un termine per la sua regolarizzazione – continua Lauria – soltanto in seguito avviamo il procedimento di recupero coattivo”.
Recupero coattivo
Entra, quindi, in gioco Equitalia, di cui Inps è socia, ma anche in fase di recupero del credito è possibile per l’azienda dilazionare il pagamento del dovuto.
In tutti questi casi, il lavoratore che ha ricevuto regolare retribuzione non rischia niente.
“Il suo conto previdenziale – assicura il direttore regionale dell’Inps – viene, comunque, alimentato”.
11 maggio 2013