L’avvento delle tecnologie digitali sta rivoluzionando il nostro mondo. Che si tratti di ottenere un certificato o di acquistare merce, la Rete si sta trasformando nel nuovo luogo di scambio e incontro. Tuttavia, al pari di quanto accade nel mondo reale, anche sulla piazza virtuale c’è chi si dedica al crimine e chi, naturalmente, gli dà la caccia.
Ecco perché, in questi ultimi anni, sono cresciuti il ruolo e l’operatività della Polizia postale e delle telecomunicazioni che, spesso, combatte una guerra silenziosa e senza confini. Ne abbiamo parlato con Tommaso Palumbo, primo dirigente della Polizia di Stato, alla guida dei Compartimenti del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.
Nell’immaginario collettivo la Polizia postale è composta da tecnici super specializzati che trascorrono ore davanti al computer. Quando c’è di vero?
“Poco. Molti pensano che gli agenti della Polizia postale vadano in giro vestiti con i camici bianchi e che l’indagine si svolga davanti a un monitor, ma questa è solo la parte finale del nostro lavoro. Per analizzare un server o un singolo elaboratore bisogna attivare un percorso investigativo in gran parte tradizionale. Siamo prima di tutto poliziotti che indagano. Perseguiamo l’uomo, non il computer. L’analisi del Pc usato dal malvivente è solo l’atto finale. L’agente migliore della Polizia postale è quello che riesce a coniugare nel migliore dei modi questi due aspetti”.
Su quali fronti siete maggiormente impegnati nel Nord Est?
“Stiamo lavorando molto sui crimini che causano danni alle tasche dei cittadini, soprattutto per quanto concerne le carte di pagamento e l’home banking, messo a rischio dal fenomeno del phishing. Stiamo affrontando questo problema in maniera coordinata a livello internazionale e il sistema di protezione viene implementato giorno dopo giorno, anche in collaborazione con gli istituti di credito”.
Quando si parla di sicurezza informatica il più esposto è proprio il cittadino?
“Spesso gli utenti non investono sulla sicurezza in termini di tempo e impegno. Ci sono molti strumenti che permettono di proteggere gratuitamente il Pc, ma al cittadino sfugge il perché i malviventi dovrebbero ritenere interessante il suo elaboratore. E invece, i nostri computer sono miniere di informazioni. Per bloccare gran parte dei tentativi di spiarci basta poco, ma spesso è sufficiente una semplice disattenzione per vanificare investimenti importanti sulla sicurezza. Siamo comunque tutti esposti al rischio. Anche la Pubblica amministrazione è spesso vittima inconsapevole dei reati informatici. I virus riescono a infettare anche gli uffici pubblici, con la differenza sostanziale che questi hanno accesso a banche dati spesso importanti”.
In cosa eccellono gli investigatori operanti nella nostra regione?
“Gli agenti della Polizia postale lavorano a 360 gradi, dai cittadini alle aziende alle quali siamo molto vicini per aiutarle ad affrontare le tematiche della sicurezza e per contrastare i reati dei quali sono rimaste vittime. La sezione di Udine ha però raggiunto livelli di eccellenza, a livello nazionale, nella repressione del commercio e dello scambio di materiale pedopornografico. Si tratta di un fenomeno particolarmente odioso, sul quale l’opinione pubblica è estremamente sensibile. Questo spiega il perché Udine sia divenuta così nota per le operazioni condotte”.
Quanti cittadini vi contattano quotidianamente?
“Fa parte della routine quotidiana ricevere decine di telefonate, anche da chi ha avuto il computer bloccato, magari con la famosa schermata dove appare la scritta della Polizia postale e promette lo sblocco del Pc solo dietro pagamento di una somma di denaro. Se possibile cerchiamo di dare una mano, ma è ovvio che non ci occupiamo della manutenzione dei computer”.