A occuparsi della Stu per l’ex Safau è stato, in passato, Giorgio Cavallo. Cosa farebbe oggi di quell’area l’ex assessore di palazzo D’Aronco? “La Stu – racconta Cavallo – fu un tentativo di mettere assieme il pubblico (il capitale era rappresentato dall’ex caserma Piave) e il privato (allora c’era il commissario, ora la proprietà è della Rizzani De Eccher) per dare una prospettiva alla zona, rendendola permeabile e collegandola con la città. Aveva dunque senso fare un forte investimento pubblico (parte dei 200 milioni di euro complessivi) per insediarvi edifici moderni, da adibire anche a uffici e a spazi museali. Dal 2008 in poi, a causa della crisi, questo è diventato un sogno. Lo dimostra il recupero dell’ex Bertoli: il dirigenziale e il commerciale è stato realizzato, mentre il residenziale non è partito. Ora questi interventi non hanno senso, anche perché la dinamica cittadina tende drammaticamente verso il basso: senza gli stranieri, si andrebbe verso una popolazione di 37mila abitanti. E anche con l’immigrazione la direzione è quella dei 75mila residenti. Inoltre, la giunta Honsell ha destinato l’ex Piave all’hospice”.
Insomma, i tempi sono cambiati e i vecchi progetti non sono più realizzabili. “Se ci fossero a disposizione 50 milioni – ragiona Cavallo – si potrebbe da una parte sviluppare l’idea del polo sanitario, puntando sulla riabilitazione. Alcuni studi parlano di questa come un’opportunità dal punto di vista economico, specie per l’artigianato, inteso come attività di personalizzazione delle protesi e dei dispositivi sanitari. Accanto a ciò, con l’assegno milionario si potrebbe rinaturalizzare l’area (la bonifica potrebbe costare attorno ai 25 milioni) portando la natura all’interno della città. Non mi riferisco a un’area verde attrezzata. All’ex Safau in passato sono arrivati caprioli e cinghiali. La zona, infatti, è in contatto con il sistema naturale attraverso il Torre e le rogge. Insomma, da area dismessa potrebbe diventare un corridoio ambientale. Vale la pena di considerare l’ipotesi di non caricare la zona d’infrastrutture, ma di liberarla. La scelta, che è politica, dovrebbe partire dalla presa d’atto che il sistema insediativo udinese va ridotto e non aumentato. Per edificare lì, infatti, si dovrebbe abbattere da qualche altra parte. Tra l’altro, in città ci sono diverse lottizzazioni concesse e mai partite. Resta da capire cosa voglia fare la Rizzan De Eccher”.
“Infine – conclude l’autonomista -, ragionare sull’ex Safau sarebbe l’occasione anche per pensare al futuro della linea ferroviaria Udine-Venezia, problema che per ora nessuno si pone seriamente. Senza considerare la questione dei passeggeri (da questo punto di vista, tale tratta è più importante di quella Trieste-Venezia), va considerato che l’ordine di grandezza del sistema industriale della provincia di Udine e simile a quello del Porto di Trieste, al netto del petrolio”.