Nei primi due mesi dell’anno in Fvg si sono perse 665 imprese. Risulta all’Osservatorio Confesercenti, che ha diffuso i dati di iscrizioni e cancellazioni delle imprese in regione.
Non c’è sosta nell’emorragia delle Pmi nemmeno in regione. Nel primo bimestre del 2014, in Fvg come detto, nel computo tra iscrizioni e cancellazioni, si sono perse 665 imprese con maggiori saldi negativi nei settori dell’alloggio e somministrazione (-177), nel commercio al dettaglio (-168) e nella ristorazione (89 bar e 68 ristoratori).
E’ quanto emerge dall’elaborazione dei dati di iscrizioni e cancellazioni delle imprese registrate in regione nei primi due mesi del 2014 diffusi dall’Osservatorio nazionale della Confesercenti.
In particolare, si sono perdute:
14 concessionarie di automobili, di cui 1 a Trieste e provincia, 5 a Pordenone e provincia e 8 a Udine e provincia;
168 commercianti al dettaglio di cui 25 nel settore alimentare e 143 nel non alimentare e specializzati (nello specifico 36 a Trieste e provincia dei cui 5 alimentari, 25 a Gorizia e provincia di cui 7 alimentari, 71 a Udine e provincia di cui 12 alimentari e 36 a Pordenone e provincia di cui 1 alimentare);
177 nell’alloggio e somministrazione (27 a Trieste e provincia, 23 a Gorizia e provincia, 80 a Udine e provincia e 47 a Pordenone e provincia);
15 imprese di alloggio (2 a Trieste e provincia, 3 a Gorizia e provincia, 9 a Udine e provincia, 1 a Pordenone e provincia);
68 nella ristorazione (8 a Trieste e provincia, 8 a Gorizia e provincia, 26 a Udine e provincia e 26° Pordenone e provincia);
89 bar (16 a Trieste e provincia, 12 a Gorizia e provincia, 44 a Udine ee provincia 17 a Pordenone e provincia);
33 nel comparto tessile abbigliamento e calzature ( 8 a Trieste e provincia, 4 a Gorizia e provincia, 14 a Udine e provincia e 7 a Pordenone e provincia);
5 nella vendita al dettaglio di carni ( 1 a Trieste e provincia e 4 a Udine e provincia);
6 nell’ortofrutta ( 1 a Trieste e provincia, 3 a Gorizia e provincia e 2 a Udine e provincia);
18 ambulanti (6 a Trieste e provincia 1 a Gorizia e provincia 6 a Udine e provincia e 5 a Pordenone e provincia);
2 commercianti in articoli da regalo e fumatori entrambi in provincia di Udine;
10 distributori di carburanti (1 a Trieste e provincia, 3 a Gorizia e provincia, 5 a Udine e provincia e 1 a Pordenone e provincia)
12 giornalai (6 a Trieste e provincia 5 a Udine e provincia e 1 a Pordenone e provincia);
7 aziende operanti nel commercio online (3 a Trieste e provincia, 2 a Gorizia e provincia e 2 a Pordenone e provincia)
e infine
41 intermediari (7 a Trieste e provincia, 19 a Udine e provincia e 17 a Pordenone e provincia con un saldo positivo di 2 unità registrato invece a Gorizia e provincia).
“Abbiamo ancora negli occhi i dati sul disastroso andamento dei saldi – spiega il presidente regionale della Confesercenti del Friuli Venezia Giulia, Giuseppe Giovarruscio – e non ci confortano certo quelli dello studio della Confesercenti nazionale. La spesa degli italiani tra il 2007 e il 2012 non si è solo ridotta del-5,4%, pari a circa 47 miliardi in meno, ma si è indirizzata , con una quota sempre maggiore dei consumi, verso le spese obbligate, dalle bollette a quelle per la casa, aumentate di oltre 4,6 miliardi (+2,6%). A conferma di un trend purtroppo sempre meno positivo arrivano adesso i dati del primo bimestre del 2014. Non c’è dubbio che la situazione sia realmente giunta a un livello di guardia e la continua chiusura delle attività commerciali, soprattutto nel dettaglio e nella ristorazione, corrisponda di fatto a una sconfitta della politica e alla progressiva e inarrestabile desertificazione di molte aree del nostro territorio. I segnali erano evidenti da tempo, ma nonostante le nostre grida d’allarme, poco o nulla è stato fatto. Ci auguriamo che il nuovo Governo abbia inserito in agenda al primo posto il rilancio delle piccole e medie imprese, che costituiscono il 90% dell’intero sistema produttivo italiano. Chiediamo anche a livello locale azioni immediate e mirate che vadano nella direzione del rilancio dei consumi e dell’occupazione, riducendo al contempo la spesa pubblica e le notevoli e dispendiose sacche di burocrazia”.