Corrado Augias domani restituirà la Legion d’Onore francese. La decisione è maturata per rendere omaggio alla memoria di Giulio Regeni. Come ha spiegato il giornalista, scrittore e conduttore televisivo in una lettera a Repubblica, il gesto è nato dopo aver sentito i dettagli sulle torture a cui è stato sottoposto il ricercatore friulano, sequestrato e ucciso Al Cairo, e, nel contempo, aver scoperto che il Presidente Macron aveva assegnato l’alta onorificenza al Presidente egiziano Al Sisi.
“La mia famiglia è di origine francese, quindi per me la Legion d’Onore aveva un doppio valore, di riconoscimento e affettivo. Non è un ordine cavalleresco: venne istituita da Napoleone per premiare persone che si sono distinte per meriti speciali. Ecco, mi sono chiesto quali meriti abbia riconosciuto Macron ad Al Sisi, dal momento che si è reso oggettivamente complice di efferati criminali.…”, ha detto Augias intervistato da Rai News. “Ho ricevuto molti messaggi e anche la stampa francese ne ha parlato, ma per ora è solo un gesto isolato e sentimentale. Diverso sarebbe se altri facessero lo stesso…”.
“L’Italia, in questo momento, rischia di sbagliare qualunque decisione prenda. Se manterrà normali relazioni diplomatiche con l’Egitto, sembrerà tradire la memoria di un bravo ricercatore universitario, torturato e ucciso per il lavoro accademico che stava svolgendo. Se li interromperà, sarà sostituita, tempo pochi giorni, da altri Paesi in molti fruttuosi rapporti commerciali e industriali. In un caso e nell’altro una perdita secca, anche se di diversa natura”, ha detto ancora Augias.
Domani, dunque, andrà all’Ambasciata francese e riconsegnerà nella sua scatola la medaglia, accompagnata da queste parole: “Le rimetto le insegne con dolore, ero orgoglioso di mostrare il nastrino rosso all’occhiello della giacca. Però, non mi sento di condividere questo onore con un capo di Stato che si è fatto oggettivamente complice di criminali. L’assassinio di Giulio Regeni rappresenta per noi italiani una sanguinosa ferita e un insulto, mi sarei aspettato dal presidente Macron un gesto di comprensione se non di fratellanza, anche in nome di quell’Europa che – insieme – stiamo così faticosamente cercando di costruire”.
Claudio Regeni e Paola Deffendi, ospiti a Che Tempo che fa, hanno sottolineato questo gesto e ringraziato Augias. “Siamo all’inizio di questo cammino”, ha detto papà Claudio riferendosi alla chiusura delle indagini della Procura di Roma e all’avvio del processo. “E chiediamo di continuare a sostenerci, ma chiediamo anche rispetto per noi e per Giulio, senza che ci siano ‘intralci’ nella ricerca della verità”.
E’ mamma Paola a definire la natura degli ‘intralci’: “Molti hanno avuto bisogno di capire cosa fosse davvero successo a Giulio. In questi giorni abbiamo visto un’ondata enorme di parole che hanno descritto tutte le violenze subìte da nostro figlio. Noi chiediamo di non saccheggiare questi documenti. Da cinque anni diciamo che è stato torturato. Io ho già detto che cosa ho visto sul viso di Giulio. Questo è un dolore nostro. Noi abbiamo bisogno di andare avanti, con un giornalismo che sia investigativo e sia incentrato sull’Egitto, su cosa c’è sotto alle relazioni internazionali”, auspicando, quindi, che non si indugi sui dettagli delle torture o sulla natura del lavoro di ricerca che Giulio stava conducendo Al Cairo.
Ribadendo la richiesta di rispetto, mamma Paola chiede “a tutti che ci stiano vicini, ma vorrei che di Giulio parlassimo solo noi come famiglia o il nostro legale. Un altro appello lo faccio alle tante persone o associazioni che stanno pensando di costituirsi come parte civile nel processo. Noi siamo contrari e chiediamo che nessuno lo faccia, perchè, magari con l’idea di aiutare, rallenterebbe i tempi del processo”.
“Avevamo già chiesto più volte di richiamare l’ambasciatore, anche durante l’incontro con il ministro Di Maio”, ricorda Claudio Regeni. “E’ giunta l’ora di dare un segnale concreto di insoddisfazione per l’evidente mancanza di collaborazione da parte egiziana. Il premier Conte già due anni fa sottolineava i tempi lunghi e inaccettabili per arrivare a verità e giustizia. Crediamo sia giunta l’ora di agire”.
“Noi abbiamo sempre detto che non ci fermeremo, perchè sappiamo che non sono solo quattro le persone coinvolte, ma la catena è ben più lunga e va verso l’alto, molto in alto”, ha ricordato Paola.
Infine, una riflessione sull’Ateneo di Cambridge. “Non neghiamo che ci saremmo aspettati un atteggiamento più attivo e dinamico dell’Università. Abbiamo apprezzato molto l’intervento di Bologna per Patrick Zaki ed è un po’ una delusione che abbiamo subito che Cambride non abbia fatto lo stesso”, ha concluso Claudio.