Le indagini di magistratura e forze dell’ordine hanno rilevato in Friuli Venezia Giulia “la presenza di proiezioni delle ‘mafie tradizionali’ riconducibili soprattutto alla ‘ndrangheta, che mirano a infiltrarsi nel circuito economico legale mediante soggetti organici o vicini alle ‘ndrine, presenti nel settore edile, estrattivo e del trasporto per conto terzi”.
Lo scrive la Direzione Investigativa Antimafia nella sua ultima relazione, presentata oggi al Parlamento, relativa al primo semestre 2022 nella quale evidenzia che, “data la ‘strategica’ posizione geografica, gli ingenti investimenti finalizzati alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali, nonché i fondi previsti dal Pnrr per la Regione, potrebbero rappresentare una forte attrattiva per le organizzazioni criminali da sempre inclini a estendere i propri interessi illeciti in settori economicamente appetibili dei territori del nord Italia”.
Per quanto riguarda le singole organizzazioni criminali, la Dia sottolinea che in regione è emerso “l’attivismo di soggetti collegati a ‘cosa nostra’”, mentre relativamente alla camorra “è stata riscontrata nel tempo la presenza, in particolare, nel territorio del litorale fino a Caorle (Venezia), di soggetti con interessi economici nei settori della ristorazione e del commercio al dettaglio di abbigliamento”.
E’ stata inoltre accertata, in passato, “anche la presenza stanziale di sodalizi criminali pugliesi in particolare – scrive la Dia – in provincia di Udine; più recentemente si sono registrate invece forme di ‘pendolarismo criminale’ finalizzate alla commissione di gravi reati predatori”.
Particolare riferimento viene fatto alla provincia di Trieste, dove “anche se non in forma stabile, si conferma la presenza di consorterie criminali di tipo mafioso, con particolare riferimento a quelle campane”. Nel porto di Trieste, secondo la relazione della Dia “sono elevate le attività di controllo dei flussi di persone fisiche e giuridiche”.
Per quanto riguarda i migranti irregolari, “numerosi sono i rintracci di extracomunitari. Un fenomeno – conclude la Dia – che incide anche sull’aumento dei reati connessi, come uso di documenti falsi e inosservanza dei provvedimenti di espulsione”.
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