èpreoccupato Edi Snaidero, alla guida dell’omonima azienda di Majano, perché non si ferma a guardare al presente, già critico – in Italia, 100 donne mettono al mondo nel corso della loro vita 135 figli, ben al di sotto degli oltre 200 necessari a garantire il saldo demografico -, ma guarda al futuro del Paese. E per la prima volta nella nostra ricerca sui motivi della denatalità, anche nella nostra regione, un testimonial guarda all’esiguo numero di figli come al vero ostacolo che frena l’economia.
“Sono sinceramente preoccupato – spiega Snaidero -, perché nel medio periodo l’effetto della denatalità avrà gravi ripercussioni. Dal 2000 al 2007 sono state molte le unioni tra giovani, figli di un nuovo baby boom. La denatalità di oggi, invece, avrà effetti negativi su diversi mercati, dalle costruzioni all’arredamento”.
C’è una soluzione?
“Bisognerebbe confrontare l’Italia con la Francia. Non sono soltanto gli immigrati a fare figli, ma gli stessi francesi. La differenza è che sono incentivati a metter su famiglia. Le istituzioni favoriscono in ogni modo la formazione di famiglie, anche numerose, grazie a politiche che puntano alle agevolazioni fiscali, agli aiuti a livello sanitario piuttosto che scolastico. L’ambiente è protettivo nei confronti della famiglia, meglio se numerosa. Se i giovani italiani non fanno figli è perché sono disincentivati. Non è per egoismo”.
L’Italia non fa abbastanza?
“Sarebbe necessaria una legislazione dedicata. Basterebbe copiare quella francese. Da noi i giovani non sono aiutati nel momento in cui decidono di acquistare una casa, figurarsi quando vorrebbero formare una famiglia. D’altra parte, la mancanza di sicurezza sul lavoro li costringe ad aspettare e di certo, quando si arriva a 40 anni, fare un figlio è già tanto”.
I segnali di una ripresa economica, però, ci sono?
“Sì, ci sono, ma sono ancora troppo deboli. In ogni caso il mercato è sempre più globale. Bisogna uscire dai nostri confini, andare all’estero, cambiare i prodotti e rinnovarsi costantemente”.
Le aziende friulane lo stanno facendo?
“Conosco giovani che guidano piccole aziende e stanno avendo grande successo nel mondo. Adesso si può lavorare via Skype a costo zero, essere connessi con il mondo intero e vendere su Internet i propri prodotti. Il vero cambiamento è proprio la globalizzazione ”.
E’ giusto che i giovani vadano all’estero?
“Andare all’estero dà ai ragazzi la possibilità d’imparare le lingue straniere, conoscere culture diverse e, di conseguenza, aprire la mente a stimoli cosmopoliti”.
I genitori devono incoraggiare i figli a partire?
“Assolutamente sì, anche aiutandoli, se ci sono le possibilità. Ovviamente, i ragazzi devono volerlo. Non è brutto uscire di casa e non bisogna avere paura. Devono essere disposti anche a fare sacrifici. A Londra, un giovane appena arrivato può trovare lavoro come barista o commesso. Intanto, impara bene la lingua e poi cerca un’occupazione in linea con gli studi fatti in Italia. Oltremanica, vivono migliaia di giovani italiani, che hanno trovato anche ottimi lavori, adatti alle loro competenze”.
E’ il caso di parlare di fuga di cervelli?
“Il problema è che non si fa niente per far tornare indietro questi cervelli. Chi trova lavoro come manager a Londra o a New York, ben pagato e soddisfatto, perché dovrebbe tornare in Italia, facendo passi indietro nella carriera e nello stipendio?”
Lei ha due figli, entrambi all’estero?
“Rino vive a Londra e lì segue una consociata del Gruppo. Federica lavora invece a Milano in una multinazionale Milano. Hanno dimostrato entrambi di aver voglia d’imparare e noi abbiamo lasciato loro la massima autonomia. E’ questo, secondo me, il compito dei genitori”.