La Guardia di Finanza di Udine ha scoperto un importante giro di fatture false per un valore complessivo di circa 25 milioni di euro, accertatando così un’evasione d’imposta sul valore aggiunto di circa 3,8 milioni di euro.
Sette le persone denunciate, responsabili della gestione di cinque società coinvolte.
Sponsorizzazioni per i rally
Le indagini delegate dalla Procura della repubblica di Udine alla Compagnia della Guardia di Finanza di Cividale del Friuli, hanno consentito di accertare come una nota società italiana operante nel settore delle sponsorizzazioni e del noleggio di auto da competizione, metteva a disposizione dei propri clienti spazi pubblicitari sulle autovetture (impegnate nelle gare di rally anche a livello nazionale) per importi tutt’altro che trascurabili.
Un singolo contratto di sponsorizzazione poteva costare anche più di 200 mila euro a stagione.
Per effetto dei notevoli introiti commerciali conseguiti l’impresa, al fine di “abbattere” i ricavi su cui pagare le imposte, annotava in contabilità fatture false emesse da altre società italiane. Venivano così inseriti in contabilità costi inesistenti per prestazioni di servizi di vario genere.
Filiera di fatture false
Le società impiegate per l’emissione di fatture fittizie (di fatto riconducibili direttamente o mediante prestanome all’amministratore della società principale) a loro volta davano corso a una vera e propria “filiera” di fatture inesistenti in quanto, per non diventare a loro volta debitori nei confronti del Fisco, utilizzavano documenti fittizi per acquisti di carburante, pneumatici, pezzi di ricambio e riparazioni, emesse da società di diritto estero ubicate in paesi balcanici.
Società inesistenti
Le successive indagini delegate dalla Procura di Udine hanno permesso di appurare che le imprese su cui si indagava in reltà non esistevano.
Si trattava cioè di vere e proprie “società fantasma” create per emettere fatture per operazioni mai effettuate nei confronti delle società italiane trattandosi di realtà imprenditoriali sostanzialmente “inventate” utilizzando nomi di fantasia con partite Iva diverse oppure di stati esteri differenti, nel tentativo di impedire la ricostruzione dei rapporti economici.
L’operazione trova origine a seguito di ordinarie attività ispettiva avviate nei confronti di alcune società coinvolte nella frode, durante la quale, le Fiamme Gialle avevano rilevato anomalie.
Gli importi dei costi sostenuti per le lavorazioni e i pezzi di ricambio degli autoveicoli – spiega una nota della Fiamme gialle – spesso superavano di gran lunga il valore dell’autovettura stessa. L’’amministratore effettuava quasi quotidianamente prelievi dai conti correnti della società per pagare in contanti le fatture che riceveva, singolare, ad esempio, che nell’arco di una settimana prelevava in contanti anche 60 mila euro attraverso singole operazioni allo sportello “frazionandole” al fine di non superare la soglia legale prevista dalla normativa antiriciclaggio, per le quali le banche hanno obbligo di segnalazione.
Ingranaggi del meccanismo
Attraverso questo vorticoso giro di fatture inesistenti, l’ideatore del meccanismo fraudolento riusciva così ad ottenere il duplice scopo di abbattere l’utile da sottoporre a tassazione della propria società e di “intascare” le somme prelevate che, stando alle scritture contabili, sarebbero servite per saldare i costi, in realtà “fittizi”, derivanti dalle fatture false.
Sulla base degli elementi probatori acquisiti e forniti dalla Guardia di Finanza, l’Autorità Giudiziaria ha emesso un Decreto di Sequestro Preventivo per un importo di oltre 3,3 milioni di euro nei confronti dei due soggetti proprietari della società “baricentrica” nella frode fiscale, al fine di assicurare che le somme necessarie al pagamento di quanto evaso non venisse fatto sparire dagli indagati.
Richiesta di patteggiamento
Per tutti i sette soggetti denunciati per reati fiscali, la competente Autorità Giudiziaria ha richiesto il rinvio a giudizio. La fondatezza dell’impianto accusatorio risulta comprovata dalla richiesta di patteggiamento della pena avanzata da alcuni dei soggetti implicati nel sistema fraudolento.
Accertata la violazione penale tributaria, sono state altresì eseguite verifiche fiscali nei confronti di tutte le società italiane coinvolte nel sistema di frode per quantificare l’esatto debito accumulato nei confronti dell’erario. Non si escludono ulteriori indagini al fine di valutare il coinvolgimento di altre società nell’azione fraudolenta.
Nei confronti delle aziende finali “clienti” del flusso delle fatture di sponsorizzazioni (non indagate penalmente) sono comunque state condotte attività ispettive da parte della Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate finalizzate alla contestazione di costi delle sponsorizzazioni indeducibili in quanto di importi non pertinenti ed eccessivi.
11 marzo 2013