False assunzioni per garantire permessi di soggiorno. E’ questo il meccanismo utilizzato da un sodalizio specializzato nell’immigrazione clandestina scoperto dalla Guardia di Finanza di Verona. Quattro le persone arrestate tra Verona, Treviso e Udine, mentre sono 11 gli indagati. Sono tutti accusati, a vario titolo, di produzione di documentazione fittizia, sfruttamento del lavoro, riciclaggio e auto-riciclaggio dei proventi illeciti. Coinvolti anche due studi di consulenza del lavoro di Vicenza e Padova che fornivano falsi contratti di lavoro e buste paga per far rimanere gli immigrati in Italia.
Due i reati contestati: da un lato lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, con gli stranieri costretti a lavorare nei campi o negli allevamenti in condizioni quasi di schiavitù; dall’altro, la fornitura di documenti, falsi, che consentivano ad altri stranieri di ottenere il permesso di soggiorno.
In manette sono finiti tre caporali di origine marocchina e un imprenditore, attivo nel Veronese ma che, di recente, forse anche in seguito alle indagini delle Fiamme gialle, aveva spostato la sua attività in Friuli, aprendo una cooperativa che forniva la manodopera alle aziende agricole.
Ad avviare l’operazione le Fiamme gialle di Legnago che hanno riscontrato varie anomalie contabili. Tra il 2014 e il 2016, ad esempio, una delle aziende che facevano capo all’imprenditore scaligero aveva assunto oltre 300 persone, e, pur avendo chiuso, aveva continuato a contrattualizzare extracomunitari anche nel 2017.
I finanzieri, poi, hanno scoperto che, per ottenere i documenti per il permesso di soggiorno, gli immigrati sborsavano fino a 400 euro, in base a un vero e proprio tariffario. Venivano quindi controllati attraverso ‘caporali’ e alloggiati in strutture fatiscenti e in condizioni di degrado.
Complessivamente sono tre le aziende coinvolte, per un totale di oltre 500 fittizie assunzioni. Gli stranieri, in realtà, venivano usati nel settore agricolo e zootecnico, soprattutto nel Veronese, e lavoravano sottopagati o addirittura senza compenso.
La Guardia di Finanza ha accertato anche una frode fiscale e un omesso versamento previdenziale per circa 1.200.000 euro.