Filosofo, docente universitario, ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari da anni rappresenta la coscienza critica della sinistra italiana, quel ‘grillo parlante’ che vede lontano, ma che spesso rimane inascoltato. In un periodo di incertezza come quello che stiamo vivendo, abbiamo approfittato di una sua visita a Pordenone (vedi box in basso), per chiedergli la sua opinione sulla situazione politica, sia in Italia, sia nella nostra regione.
Entrando subito in argomento politico, come commenta l’inaspettato esito delle elezioni in Fvg?
“In realtà, io me l’aspettavo. Qualche mese fa, a guardare l’operato del governatore uscente, ero sicuro della vittoria della Serracchiani. Certo, gli avvenimenti politici dell’ultima settimana prima del vostro voto, con la complicata questione dell’elezione del presidente della Repubblica, potevano avere una certa influenza. I disastri del Pd potevano compromettere la campagna della Serracchiani. Ma Roma è lontana, alla fine non è stato così”.
Il rinnovamento di cui ha bisogno il Pd è partito dal Fvg?
“Ne dubito, perché nel Pd ci sono differenze talmente marcate che nessuno riuscirà a ‘rinnovarlo’, ma neppure a resuscitarlo. Anche se, a voler essere precisi, è un partito che non è mai neppure nato. È un progetto che non si è mai concretizzato davvero perché le culture politiche che cercava di mettere insieme erano troppo diverse”.
Quali sono le alternative?
“Penso a un centrosinistra diverso, a un partito di matrice socialdemocratica che si compatti intorno a Renzi, magari riuscendo a captare le istanze dell’area Monti”.
Il governo Letta ha ottenuto la fiducia, ma la situazione rimane incerta. Adesso cosa succederà?
“Ci sono centomila ‘bucce di banana’ su cui questo governo potrebbe scivolare. Ma questo esecutivo, assemblato con molto buonsenso e con personalità non di primissimo piano – se si esclude Alfano – non dovrebbe scoppiare per casini interni. Se le opposizioni non faranno particolare ostruzionismo e se il Parlamento sarà collaborativo, dovrebbe riuscire a mettere mano alle questioni più urgenti”.
Quali sono?
“La legge elettorale, che sarà sicuramente cambiata, e le emergenze sociale ed occupazionale”.
Ritornando al Fvg, quali sono le prossime mosse che Debora Serracchiani dovrà mettere in atto?
“Per rispondere dovrei conoscere meglio la situazione nello specifico. Il problema più grosso è quanto il Governo nazionale inciderà sul Friuli Venezia Giulia. Se il governo non funziona, ne risentirà anche la vostra regione. Però forse siete messi meglio di altri, siete comunque più ‘parati’”.
Come fare a mantenere la specialità della nostra regione? Le proposte della Macroregione del Nord oppure dell’Euroregione con Veneto, Carinzia e Slovenia, hanno senso?
“Certamente hanno senso, se inserite in un quadro di autonomie reali, per ripensare alle specialità delle regioni in senso di equità e di valorizzazione delle distinzioni. Io penso che ogni regione avrebbe bisogno di maggiore autonomia e responsabilità nella gestione. Penso perciò che vadano abolite le ‘regioni a statuto speciale’ come sono costituite oggi, con i finanziamenti sanciti per legge. Ipotizzo piuttosto un Senato delle regioni, sovrano, che ogni anno decida quali e quanti finanziamenti assegnare a ogni Regione, in base alle caratteristiche, ad eventuali emergenze, ai progetti”.
Friuli e Veneto hanno più esigenze diverse o punti d’incontro? Si potrebbe lavorare insieme per obiettivi comuni?
“Certo, sono uguali, sia come società, sia come economia. Ma anche le infrastrutture sono comuni. È evidente che avrebbe senso che fossero accorpate, come avrebbe senso accorpare molti comuni tra loro, soprattutto per ottimizzare costi e risultati. Il difficile sarà superare l’inerzia che ci porta a mantenere lo status quo”.
Valentina Viviani
19 maggio 2013