Ogni un anno, cento persone ‘bussano’ alla chat (www.chatamica.it, attiva il mercoledì dalle 20.30 alle 22.30) o al numero telefonico (0432-523838) istituiti per dare sostegno a chi, gay, è in cerca di aiuto.
C’è chi vuole denunciare una violenza o un atto di bullismo, chi vive isolato e non sa come uscire dalla propria situazione o, ancora, chi lavora o studia in un ambiente in cui l’essere omosessuale non è accettato e deve essere tenuto nascosto.
Un tema, quello dell’omosessualità, salito alla ribalta in Fvg dopo la celebrazione delle prime ‘nozze’ gay (una cerimonia senza riconoscimento legale) nell’Isontino e il diniego da parte della Regione a dare un contributo per l’acquisto della prima casa a una coppia gay del Pordenonese (probabilmente lo avrebbero ottenuto se si fossero presentati come single).
Segnali incoraggianti
“Dopo il caso di Pordenone, anche altre coppie gay ci hanno contattato – spiega Giacomo Deperu, presidente dell’Arcigay che fa riferimento alle province di Udine e di Pordenone – dicendoci di aver subito il medesimo trattamento. Intendiamoci, c’è molta meno omofobia di un tempo.
Non si viene più presi a calci in bocca all’uscita dei ritrovi dedicati agli omosessuali, come accadeva in Friuli fino agli Anni ’90. E il fatto che ci siano così tanti contatti da parte della chat e del numero amico è positivo: vuol dire che molte persone non accettano più l’esclusione o di vergognarsi della propria condizione. Insomma, si reagisce più di un tempo”.
Tuttavia, le discriminazioni e le violenze (non solo fisiche, ma soprattutto psicologiche e sociali) sono ancora ben presenti. “E’ drammatico – continua l’esponente della comunità omosessuale friulana – che i giovani che ci contattano (tanti si rivolgono a noi per via diretta) non trovino una risposta nella famiglia e nella scuola”.
Scuola impreparata
Gia perché, per Deperu, la scuola è un ambiente dove la discriminazione e la paura di parlare dell’argomento sono ben lungi dall’essere superate. “Ci sono bambini che già a 7-8 anni – afferma il presidente dell’Arcigay – sfottono i propri coetanei chiamandoli ‘finocchi’. E tra i più grandicelli, a ricreazione i compagni si tengono alla larga da chi viene preso di mira camminando radenti al muro nascondendo il sedere.
Evidentemente nessuno ha insegnato loro che ciò è sbagliato, diversamente dagli appellativi ‘negro’ o ‘ebreo’. Manca il tabù dell’omofobia. Di più, ci sono stati segnalati casi in cui un insegnante ha detto a un allievo: ‘non hai la ragazza, non sarai mica frocio?’. Ci sono docenti impreparati che fanno sentire i ragazzi ‘autorizzati’ a insultare (ma anche a picchiare) chi è gay.
Senza contare che il nostro progetto scolastico contro l’omofobia, che ha ricevuto una medaglia di bronzo dalla Presidenza della Repubblica e una lettera d’elogio dal sottosegretario Marco Rossi Doria, è poco accettato dai dirigenti scolastici. Insomma, è più facile avere una risposta da Napolitano che da alcuni istituti friulani.
Il fatto è che l’omosessualità da una parte viene vista ancora come qualcosa di pornografico o di sconveniente, dall’altra si ha il timore della reazione dei genitori”. E non è che nel mondo degli adulti le cose vadano tanto meglio.
“Ci sono ancora – racconta Deperu – casi in cui il gay è sottoposto a molestie o preso di mira. Come nel caso di quell’imprenditore che ha affermato ‘magari tutte le mie dipendenti fossero lesbiche, non andrebbero in maternità’. O come quello di un infermiere di un ospedale friulano, sul cui armadietto il nome è stato ripetutamente cambiato al femminile. I più forti fanno spallucce, ma i deboli ne soffrono, si vergognano e si isolano”.
Vergogna in famiglia
Anche nelle famiglie l’amore verso i figli spesso non vince sulla ‘vergona’. “In questi mesi – dice Deperu – si è verificato il caso di un genitore che ha detto alla figlia: ‘avrei preferito saperti morta piuttosto che lesbica’. Pure nei nuclei più ‘moderni’, la questione dell’omosessualità viene affrontata con ritardo, quasi a voler allontanare l’amaro calice”.
In tali ambienti, è normale che le persone si sentano isolate, si chiudano a riccio e non denuncino i soprusi dei quali sono oggetto.
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16 marzo 2013