Alla riunione nazionale del GICAT – Gruppo Italiano Cooperativo AIDS e Tumori dedicata ai tumori in HIV in corso ad Aviano nel pomeriggio sarà presentato per la prima volta dal Prof. Guaraldi dell’Università di Modena lo studio Italian Collaborative HIV Aging Cohort, promosso da 4 gruppi del nord Italia, San Paolo, San Raffaele, Policlinico di Modena e Istituto Tumori di Aviano, e condotto su quasi 10.000 pazienti affetti da hiv tra 1985 e il 2011.
Lo studio, presentato anche a Lancet, ha dimostrato che i pazienti che hanno recuperato la loro immunità originale, cioè quelli in cui la terapia haart ha portato il sistema immunitario a livelli antecedenti all’infezione, hanno un’aspettanza di vita molto simile a quello della popolazione generale.
Il gruppo ha analizzato quasi 10.000 pazienti affetti da hiv, di cui il 70% maschi, il 48% omosessuali maschi, il 26% eterosessuali e il 26% tossicodipendenti, correlando l’aspettanza di vita con i risultati sull’immunità dovuta alla terapia haart.
“Dallo studio da noi condotto – spiega Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di Oncologia medica dell’Istituto Tumori di Aviano – si evince che la spettanza di vita di un paziente di 25 anni che ha ottenuto una risposta immunologica buona alla terapia haart, è di 51,8 anni confrontata con quella della popolazione generale della stessa età e del nord ma senza hiv che è di 55,9 anni.
Un quarantenne con hiv e che ha ottenuto una buona risposta immunologia, ha un’aspettanza di vita di 37 anni mentre quella della popolazione generale è di 41,3 anni. Per coloro che invece non hanno ottenuto una risposta immunologia buona nonostante la terapia, a 25 anni l’aspettanza di vita è di 34,3 anni contro i 55,9 della popolazione generale, mentre a 40 anni è di soli 22,9 anni.
Diversi sono i fattori in causa per coloro che non ottengono gli stessi risultati – conclude Tirelli -: le caratteristiche del virus (che per es. era già resistente ai farmaci), oppure il fatto che i pazienti non fanno bene la terapia o hanno caratteristiche genetiche che lo differenziano dagli altri casi”.
18 gennaio 2013