Per oltre un mese, Udine diventerà il luogo privilegiato per guardare in faccia il nostro futuro. Dal 14 ottobre al 29 novembre, nel capoluogo friulano si terrà la prima edizione di Friuli Furure Forum, che metterà a confronto i massimi esperti delle maggiori organizzazioni internazionali. Promossa dalla Camera di commercio di Udine assieme all’Università friulana e all’Associazione Vicino/lontano, la manifestazione intende mostrare come cambierà il mondo nei prossimi 15-20 anni. Abbiamo chiesto al project manager di FFF, Renato Quaglia, come si articolerà la rassegna.
Quali saranno i temi trattati?
“Le domande a cui dare risposta sono tante e non riguardano solo l’economia. Accanto a lavoro, industria, piccole e medie imprese, artigianato, turismo e green economy, si tratteranno temi come welfare, trasmissione dei saperi, formazione, nuovi media, alimentazione, natura, energia, oltre al riuso dei centri storici. Argomenti che saranno sviscerati in modo da suggerire a tutti, a partire dal semplice cittadino, di ricominciare a guardare il proprio futuro. Chi già lo sta facendo, si troverà a proprio agio. Chi non riesce ancora a farlo, avrà gli strumenti per cominciare quest’avventura”.
Come li avete individuati?
“Tra gennaio e febbraio, abbiamo dialogato con un centinaio di imprese e le associazioni di categoria, così da costruire il programma assieme a loro. Tra aprile e giugno, poi, abbiamo dato vita a una cinquantina di workshop sugli argomenti che più stavano a cuore alle aziende e alle associazioni: internazionalizzazione, nuove forme del credito, marketing, impresa sociale, piccole e medie imprese, rivitalizzazione dei centri storici, startup e informatizzazione, tanto per citarne alcuni. A partire da qui abbiamo impostato il programma della manifestazione”.
Chi interverrà agli incontri?
“Innanzi tutto, va detto che, insieme a conferenze pubbliche e incontri, abbiamo insistito sulla formula del workshop. A differenza della conferenza, dove il relatore parla e l’uditorio ascolta, si potrà dialogare con i relatori per cercare assieme le risposte alle nostre questioni. A Udine arriveranno, oltre ai maggiori esperti italiani, anche le ‘menti’ di istituzioni internazionali e scientifiche che lavorano sul futuro. Mi riferisco all’Ocse di Parigi, all’Institute for the future di Palo Alto e al Copenhagen institute for future studies, che da oggi saranno partner del progetto della Camera di commercio di Udine”.
Friuli Future Forum è anche il nome di uno spazio fisico (in via dei Calzolai a Udine) e di un sito (www.friulifutureforum.net) da poco rinnovato. Come è cambiato questo progetto?
“Più che di cambiamento, parlerei di evoluzione. Due anni fa, il presidente della Camera di Commercio, Giovanni Da Pozzo, ha intuito con lungimiranza che le Cciaa non possono più limitarsi a offrire gli strumenti tradizionali alle imprese, specie in momenti di crisi come quello attuale. Le condizioni sono cambiate e si è reso necessario, oltre a suggerire l’importanza della cultura dell’innovazione, indicare all’imprenditore, oppresso dai problemi quotidiani, una via d’uscita da questa condizione di difficoltà che pare senza prospettiva. Insomma, chi fa impresa deve alzare la testa dal presente e guardare l’orizzonte, dove si possono individuare le strade del futuro. Quella di Udine è l’unica Cciaa italiana a puntare con forza sul futuro”.
Come si traguarda questo obiettivo?
“Attraverso il metodo partecipativo, che è la parola chiave del futuro. Dobbiamo uscire dall’individualismo e condividere, fare rete. Molto deve cambiare. Per esempio la formazione: la scuola italiana ed europea non preparano le persone ad affrontare i mutamenti e a parteciparvi. L’insegnamento tradizionale comunica un sapere all’allievo e gli chiede di ripeterlo. Ma così non si costruisce esperienza. Tutt’al più, si insegna a non copiare”.
Copiare può essere positivo?
“Se si pensa al modello dell’Open source, sì. Quando invento qualcosa, non lo nascondo, ma lo condivido. Così l’idea iniziale si arricchisce e diventa qualcosa di più importante da mettere a disposizione di tutti, come la ricerca. Impedire agli altri di partecipare all’idea può essere controproducente. Negli Anni ’70, la General Electric, per non condividere con i concorrenti americani alcune innovazioni elettroniche, mise a disposizione gratuitamente di un Paese straniero i propri brevetti (così voleva la legislazione Usa). Fu scelto quello che in quel momento appariva tecnologicamente più arretrato, il Giappone. Fu la fortuna del Sol Levante”.
Torniamo all’evoluzione di FFF. Quali sono le novità del sito?
“In una prima fase, il sito web di FFF è servito principalmente da vetrina per ciò che si faceva in via dei Calzolai. Oggi, da una parte promuove le eccellenze imprenditoriali che stanno costruendo futuro in regione; dall’altra, qui vengono raccolti esempi di innovazione da tutto il mondo. Le nostre aziende possono raccogliere esempi d’innovazione nei diversi settori, vedere che nel mondo si continua a crescere e che la cultura dell’innovazione paga”.
Uno slogan per il futuro?
“La frase del Gattopardo: ‘Cambiare tutto perché nulla cambi’. L’economista Richard Normann prese questa proposizione alla lettera e la interpretò in modo nuovo: se vuoi mantenere il successo (‘nulla cambi’), devi essere disposto a riconfigurarti continuamente (‘cambiare tutto’). Di norma, quando abbiamo successo, tendiamo a replicare quel modello, ritenendo che possa essere sempre vincente. Intanto, però, il mondo è cambiato e le nuove circostanze rendono il nostro modello non più attuale. E’ l’insuccesso del successo. Anche l’impresa è condizionata da tale meccanismo. In ogni azienda si determinano gruppi dominanti che si arroccano a difesa delle idee che li hanno portati al successo. Chi propone nuove soluzioni spesso è visto come un invasore e tenuto ai margini, perdendo così occasioni di sviluppo. Da una parte, dico a chi entra a far parte di un’impresa di capire quali siano le idee dominanti e di lavorare per cambiarle. Dall’altra, suggerisco ai gruppi dominanti di amare questi ‘invasori’: saranno la loro salvezza”.