Vent’anni fa, il 20 marzo 1994, la giornalista Ilaria Alpi e il telecineoperatore triestino Miran Hrovatin venivano uccisi a Mogadiscio.A vent’anni di distanza la verità è ancora oggi un miraggio. Le indagini hanno prodotto un solo condannato tra mille dubbi, e tante lacune. A partire da quelle, come per gli altri grandi misteri italiani, sul possibile coinvolgimento di pezzi dello Stato. Fu un tentativo di rapimento finito in tragedia contro giornalisti scelti a caso o un agguato premeditato e mirato contro testimoni scomodi di traffici illeciti nella Somalia del post Siad Barre?
Il presidente della Camera Laura Boldrini ha annunciato di aver chiesto al Governo “se permangono le esigenze di segretezza sugli atti dei servizi segreti relativi all’omicidio di Ilaria Alpi. Analoga richiesta è stata avanzata per gli armadi della vergogna”.
Petizione sostenuta da 60 mila firme
«La petizione lanciata da Articolo21 su Change.org per chiedere alla presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, che vengano resi pubblici documenti ancora segreti ha raggiunto oltre 60.000 adesioni». A comunicarlo in una nota Stefano Corradino e Giuseppe Giulietti, direttore e portavoce di Articolo21 e promotori della raccolta di firme. «Nell’anniversario dell’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ci auguriamo che la voce di oltre 60.000 persone che chiedono che venga tolto il segreto all’inchiesta possa essere ascoltata e accolta dalle istituzioni», dichiara Corradino. La petizione (link: www.change.org/ilariaalpi) – aggiunge Giulietti – ha raccolto 60.000 firme in meno di otto giorni.
«L’incredibile sostegno all’appello dimostra come, nonostante siano passati 20 anni dall’uccisione di Ilaria e Miran, la loro memoria e la voglia di verità suscitino ancora grande mobilitazione dell’opinione pubblica». Nei giorni scorsi – ricorda Art.21 – il legale della famiglia Alpi, Domenico D’Amati, aveva spiegato quanto fosse importante per la ricerca della verità poter accedere ai documenti segretati.
«È fondamentale – aveva dichiarato D’Amati – che queste carte siano rese pubbliche e che ai cittadini sia data la possibilità di sapere. C’è molto da fare e speriamo che tutti gli organi dello Stato collaborino. In primo luogo la Camera dei Deputati che deve desegretare questi documenti fondamentali sui traffici dei rifiuti tossici».
«A nome delle oltre 60 mila persone che hanno firmato la petizione – hanno detto ieri Corradino e Giulietti -, ringraziamo Laura Boldrini e la ministra degli Esteri Federica Mogherini per la loro attenzione e la loro disponibilità istituzionale, politica, personale. Siamo sicuri che, già nelle prossime ore, individueranno la strada migliore per accogliere questa richiesta. Sappiamo che esistono atti che non spetta alla Camera desegretare e per questo ci rivolgeremo anche al presidente Renzi che, anche da sindaco, ha manifestato grande attenzione a questi temi. In ogni caso nulla può e deve essere lasciato di intentato per arrivare anche a una verità giudiziaria, dal momento che quella storica ha già acclarato omissioni e depistaggi, tanto per usare un eufemismo».
L’omicidio
E’ domenica, sono passate da poco le 14.30. Una Toyota attraversa la capitale somala, diretta verso l’Hotel Amana. A bordo la giornalista del Tg3 e il cineoperatore, in Somalia per seguire la missione Restore Hope, dove sono impegnati militari italiani. Sono appena tornati dal nord del Paese, dove hanno incontrato il sultano del Bosaso. Alpi e Hrovatin – dirà poi l’inchiesta – hanno saputo di fatti e attività scottanti, connessi con traffici illeciti di armi e rifiuti di vasta proporzione. A poca distanza dall’albergo da una Land Rover scendono diverse persone armate, almeno sette, e fanno fuoco. Un proiettile di kalashnikov colpisce alla tempia Ilaria Alpi, una raffica raggiunge Hrovatin. Gli aggressori scappano subito, portando via con sé la verità. Cominciano vent’anni di inchieste e duri scontri, nella procura romana e non solo.
Ricordo indelebile
Il premio giornalistico “Luchetta” di Trieste dedicherà invece un’esposizione a Hrovatin.